Abbondanza frugale (seconda parte)

31.07.2020

Se il progetto di ricostruzione di una società di decrescita è credibile per il lungo termine, gli obiettori di crescita come contano di attrezzarsi per affrontare le sfide di fronte a cui ci troviamo a breve termine, per esempio quella del debito pubblico? In una società di decrescita il problema del debito pubblico probabilmente non si porrebbe. In primo luogo, normalmente il bilancio sarebbe in equilibrio e le entrate provenienti dalla fiscalità coprirebbero le spese. Ci sarebbe fondamentalmente una nuova logica fiscale. Lo Stato di una società autonoma liberata dal culto della crescita ricaverebbe le proprie risorse soprattutto da imposte dirette progressive, che costituiscono la forma di imposizione più giusta. Dovrebbe poi essere mantenuta o introdotta una fiscalità indiretta sui beni di lusso, che potrebbe colpire il cattivo uso delle risorse naturali, dei beni e dei servizi. Per l'acqua, il gas, l'elettricità, il telefono ecc. potrebbe essere introdotto, al di là di una quantità gratuita corrispondente a un consumo di base, un prezzo progressivamente sempre più elevato che colpisce il sovraconsumo. Una tassa significativa sul patrimonio (residenze secondarie, yacht, scuderie di cavalli da corsa ecc.) completerebbe il dispositivo per limitare le eccessive differenze di ricchezza. Se, per motivi contingenti, le spese dovessero superare le entrate, il ricorso all'emissione di moneta per finanziare il deficit di bilancio non sarebbe un tabù. Nella società di mercato, il ricorso al prestito sui mercati finanziari riscuote il favore dei banchieri e della maggioranza dei politici perché dovrebbe evitare l'orrore dell'inflazione; inoltre offre alle banche l'occasione di investimenti succulenti. Per queste stesse ragioni, da parte di uno Stato della decrescita, il prestito sui mercati finanziari dovrebbe essere evitato in tutta la misura del possibile. E' evidente che un paese che per decenni ha fatto sistematico ricorso al prestito per finanziare il proprio debito ha un bisogno vitale di crescita. Oggi una parte sempre più consistente delle imposte e delle tasse non serve più a finanziare il funzionamento dello Stato, ma a ingrassare i detentori dei titoli (banche, fondi pensione, fondi speculativi, compagnie di assicurazioni ecc.). La crescita ad ogni costo, a detrimento della natura e del futuro: ecco l'ingrediente indispensabile per rendere meno insopportabile l'ingiustizia del sistema capitalistico. Quando, in una società della crescita, la crescita non c'è (più o meno la nostra situazione attuale) lo Stato si trova legato mani e piedi, alla mercè dei suoi creditori, che finiscono sempre per imporgli di attuare una politica di feroce austerità. E' proprio per evitare di restare in questo ingranaggio che è necessario uscire dalla società della crescita e costruire una società della decrescita e la via maestra della decrescita è la crescita del benessere, perché se si è felici si è meno soggetti alla propaganda televisiva e alla dipendenza dagli acquisti compulsivi. In sostanza si tratta di uscire dall'immaginario dello sviluppo e della crescita e di ricondurre l'economia nel sociale e nel politico superandola o abolendola, come prometteva il marxismo, che però non ha saputo raggiungere il suo scopo. Nel 1923 il pensatore marxista più lucido della sua epoca, Gyorgy Lukacs, scriveva a proposito della futura "economia socialista": "Questa economia tuttavia non ha più la funzione che aveva in passato ogni economia: deve essere la servitrice della società coscientemente diretta; deve perdere la sua immanenza; deve essere soppressa in quanto economia". E' esattamente a questa concezione del socialismo che intende riallacciarsi la decrescita. L'abbondanza frugale è un orizzonte di senso per una fuoriuscita dalla società dei consumi, ma anche un obiettivo politico a breve termine da opporre alle pseudoterapie neoliberali nella situazione attuale di depressione repressiva.

                                                                                                                 Serge Latouche (fine)

Gianni Vannini - Blog politico
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