Cos'è la storia?
Le notizie false della storia nascono certamente spesso da osservazioni individuali inesatte o da testimonianze imperfette, ma questo infortunio iniziale non è tutto e in realtà in se stesso non spiega nulla. L'errore si propaga, si amplifica e vive solo a una condizione: trovare nella società in cui si diffonde un brodo di cultura favorevole. In quell'errore, gli uomini esprimono inconsciamente i propri pregiudizi, odi e timori, cioè tutte le loro forti emozioni. Soltanto [...] dei grandi stati d'animo collettivi hanno poi la capacità di trasformare una cattiva percezione in una leggenda."
Uomini mossi da una collera cieca e brutale, ma autentica, avevano incendiato e fucilato; ciò che premeva loro era ormai conservare una fede assolutamente certa sull'esistenza di "atrocità", che, sole, potevano dare al loro furore un'apparenza di equità; si può supporre che la maggior parte di loro sarebbe inorridita, se avesse dovuto riconoscere la profonda assurdità del terrore panico che li aveva spinti a commettere tante azioni orrende; ma essi non riconobbero mai nulla di simile. Ancora oggi i tedeschi sono in massa probabilmente convinti che moltissimi loro soldati sono caduti vittime degli agguati belgi: convinzione tanto più incrollabile in quanto si sottrae ad ogni esame. Si crede facilmente a ciò a cui si ha bisogno di credere. Una leggenda che ha ispirato azioni clamorose, e soprattutto azioni crudeli, è sul punto di diventare indistruttibile.
Nella vista che io godo dalla mia finestra, ogni studioso ritaglia la sua parte, senza occuparsi troppo dell'insieme. Il fisico spiega l'azzurro del cielo; il chimico, l'acqua del ruscello; il botanico, l'erba. La cura di ricomporre il paesaggio, tal quale lo percepisco e tal quale mi commuove, essi la lasciano all'arte, se il pittore o il poeta vogliono incaricarsene(...) Ma le difficoltà della storia sono ancora di un altro tipo. Perché, come oggetto, in ultima analisi, essa ha precisamente delle coscienze umane.(...) L'unico essere in carne e ossa è l'uomo, senza aggettivi, che ricongiunge in sé tutto questo.
Accompagnavo a Stoccolma, Henri Pirenne. Appena giunti, mi disse: "Che cosa andiamo a visitare come prima cosa? Sembra che vi sia un Municipio nuovissimo. Cominciamo da lì". Poi, come se volesse prevenire un mio moto di meraviglia, aggiunse: "Se fossi un antiquario, non avrei occhi che per le cose vecchie. Ma io sono uno storico. è per questo che amo la vita". Questa capacità di afferrare il vivente, ecco davvero, in effetti, la qualità sovrana dello storico.
L'oggetto della storia è, per natura, l'uomo. O meglio: gli uomini. Più che il singolare, favorevole all'astrazione, il plurale, che è il modo grammaticale della relatività, conviene a una scienza del diverso. Dietro i tratti concreti del paesaggio, [dietro gli utensili o le macchine], dietro gli scritti che sembrano più freddi e le istituzioni in apparenza più totalmente distaccate da coloro che le hanno fondate, sono gli uomini che la storia vuol afferrare. Colui che non si spinge fin qui, non sarà mai altro, nel migliore dei casi, che un manovale dell'erudizione. Il bravo storico, invece, somiglia all'orco della fiaba. Egli sa che là dove fiuta carne umana, là è la sua preda.
Marc Bloch