Della satira (o presunta tale)
Sul numero odierno di Robinson, il supplemento settimanale di Repubblica dedicato alla cultura, troviamo una lunga serie di vignette (ovviamente ispirate al Coronavirus) realizzate da alcuni dei più famosi disegnatori e illustratori italiani. Sono rimasto profondamente colpito, anche se purtroppo non sorpreso, nel notare la quantità industriale di conformismo che trasuda da quelle vignette, con l'unica nobile eccezione di Zerocalcare che fortunatamente non manca mai di distinguersi per la sua anarchica originalità. Nel periodo in cui, sopratutto dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo, si discuteva molto sulla satira, sul suo ruolo e sui suoi limiti abbiamo sentito molti pareri autorevoli e spesso anche difformi: "l'unico limite della satira è il buon gusto", "l'importante è non offendere la sensibilità religiosa di nessuno", "la satira non ha e non deve avere nessun tipo di censura o autocensura". In verità la mia convinzione, e le vignette di Robinson mi confortano nella mia opinione, è sempre stata un'altra: il nemico giurato della satira è il conformismo. Non solo: l'umorismo in genere, secondo me, non ha ragione di essere se cammina pericolosamente sul ciglio del luogo comune. A questo proposito vorrei qui citare come esempio positivo un altro grandissimo nome della nostra satira: Vauro che, pochi giorni fa, ha lanciato un accorato appello a noi tutti perchè questi giorni bui non trascorrano invano e, dopo tutte le parole melliflue pronunciate, non si ritorni al vecchio tran tran quotidiano fatto di egoismi e di ipocrisia. La satira, quella vera, non può essere buonista, banale, retorica ma solo cattiva, insolente, irritante. Anche in passato mi è capitato di riflettere sull'incapacità dei nostri autori e interpreti di satira politica, televisiva e non, di essere sempre puntualmente presenti ed efficaci qualunque fosse la compagine di governo. La realtà è che, a fare da contraltare ai periodi d'oro della satira (mi riferisco ovviamente a quella di matrice progressista, l'unica che mi interessa) in corrispondenza dei governi Berlusconi, c'erano purtroppo dei preoccupanti prolungati silenzi ai tempi dei governi di centrosinistra (con l'unica eccezione di Matteo Renzi, che definire di centrosinistra è però veramente azzardato). Certo: non è con le vignette o con le caricature televisive che si fa la rivoluzione, mi direte, ma è pur sempre da questi e da altri particolari che si può giudicare il livello di civiltà di un popolo e la sua capacità di guardarsi dentro con sincerità e irriverenza.