Educazione

27.03.2020

La civiltà non è altro che un insieme di regole di convivenza condivise. Com'è evidente la civiltà e le sue regole non rientrano nella giurisprudenza e non ci si aspetta che siano le forze di Polizia a farle rispettare: da ciò consegue il ruolo cruciale dell'educazione. Quando si parla di educazione si pensa sopratutto alla famiglia e non vi è dubbio che è nell'ambito familiare che il bambino riceve l'imprinting dell'adulto che diventerà. Va da sè che le situazioni familiari possono essere estremamente diverse: da quelle idilliache ( per altro assai rare ) a quelle assolutamente drammatiche ( molto più frequenti di quel che si pensa ) e questo è il motivo per cui alle famiglie non può essere lasciata l'esclusiva di questo delicatissimo compito. Ecco allora entrare in primo piano il ruolo educativo della scuola la quale ( proprio in quanto luogo di formazione umana ancor prima che di istruzione ) dovrà essere caratterizzata da una gestione rigorosamente pubblica. Il legame che si vorrebbe creare tra scuola e mondo del lavoro, in un'economia ipercapitalista come quella che sperimentiamo ai nostri tempi, si trasforma in un mero pretesto per permettere alle aziende da una parte di scegliersi precocemente i futuri quadri dirigenti e dall'altra di godere di un enorme bacino di potenziale manodopera precaria cui attingere secondo necessità ( ovviamente le proprie ). Questo non significa che la scuola non possa e non debba fornire ( tra l'altro ) un'adeguata preparazione professionale ma questa si concretizzerà in un'acquisizione di competenze il più possibile neutra, senza legami diretti o indiretti con specifici marchi aziendali. Tornando al nostro punto di partenza è utile soffermarsi su un aspetto che è spesso tirato in ballo in materia di integrazione: si è detto da più parti che coloro che scelgono di vivere ( o vi sono costretti ) nelle nostre società occidentali devono necessariamente fare proprio il contesto culturale del loro nuovo paese ( oltre, com'è ovvio, quello giuridico ). Questo, in parole povere, vuol dire in primo luogo imparare a parlare e a scrivere nella lingua della patria surrogata, in secondo luogo uniformarsi il più possibile ai ( chiamiamoli così ) valori condivisi dalla comunità, evitando cioè comportamenti che (ancorchè legali ) siano in palese contraddizione con essi. Per quanto questo genere di analisi non piaccia a una certa Sinistra radical-chic, affetta come noto da un astratto multiculturalismo che non si traduce poi quasi mai in concreti progetti di integrazione, credo che contenga quanto meno un nocciolo di verità e di saggezza che ha le sue radici storiche e filosofiche nel "noi ad Atene facciamo così" di Pericle. Il punto è, però, che da qui bisogna avere il coraggio di fare un ulteriore passo avanti: siamo proprio sicuri che tutte le persone nate e cresciute nei paesi occidentali in famiglie di solida tradizione illuminista conoscano ed abbiano assimilato così bene la lingua ( o le lingue ), la storia e la cultura del proprio paese? Siamo davvero persone "civili" nel senso che abbiamo spiegato all'inizio? Mi permetto di sollevare qualche dubbio: la cronaca è piena di episodi che sembrano suggerire il contrario: dalla violenza di genere all'odio razziale per non parlare di casi istituzionali come la drammatica situazione delle carceri. In quanto alla lingua e alla storia basta assistere ( almeno in Italia ) a qualche esame di maturità e persino universitario per farci un'idea abbastanza esatta della situazione. E' quindi evidente che la scuola, per raggiungere gli obiettivi educativi di cui sopra (per i cittadini nuovi e vecchi ) deve azzerare o quasi le attuali linee guida per riorientarle fin dalle prime esperienze didattiche dei ragazzi. Bisognerà rimettere in primo piano la questione del linguaggio, favorendo il più possibile la nascita e la crescita della passione per la lettura e per la scrittura, senza rincorrere più di tanto la tecnologia di cui i ragazzi si nutrono già fin troppo al di fuori dell'orario scolastico, e, al fine di favorire il più possibile la costruzione di uno spirito comunitario basato sugli scambi di conoscenze e l'aiuto reciproco piuttosto che sulla competizione, dovranno essere creati dei progetti specifici che, partendo dalle materie di studio, si colleghino alla famiglia e alla società civile.

Gianni Vannini - Blog politico
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