I vecchi e i giovani: un'improbabile splendida alleanza (prima parte)
Mi rivolgo ai giovani al riguardo di quel che la vita può offrire, delle ragioni per le quali occorre assolutamente cambiare il mondo, ragioni che, per ciò stesso, impongono di assumersi dei rischi. Ma comincerò da parecchio lontano, da un episodio molto noto che riguarda la filosofia: Socrate, il padre di tutti i filosofi, fu condannato a morte sotto il capo d'accusa di "corruzione della gioventù". La primissima ricezione ufficiale della filosofia prende la forma di un'accusa molto grave: il filosofo corrompe la gioventù. Allora, adottando questo punto di vista, dirò molto semplicemente: il mio fine è corrompere la gioventù. Ma che cosa vuol dire "corrompere", anche nello spirito dei giudici che condannarono a morte Socrate con l'accusa di corrompere i giovani? Non può trattarsi della "corruzione" nel senso legato al denaro. Non è uno "scandalo" nel senso in cui ne parlano oggi i giornali: individui che si arricchiscono usando la propria posizione nell'una o nell'altra istituzione dello Stato. Non è certamente questo che i giudici rimproverano a Socrate. Ricordiamoci che, al contrario, uno dei rimproveri che Socrate rivolgeva ai suoi rivali, che chiamava sofisti, era proprio quello di farsi pagare. Lui, se si può dire così, corrompeva i giovani gratis, con le sue lezioni rivoluzionarie, mentre i sofisti si facevano pagare profumatamente per le loro lezioni, che erano lezioni d'opportunismo. Dunque "corrompere la gioventù", nel senso di Socrate, non è certamente questione di soldi. Non si tratta neppure di corruzione morale, e tantomeno di quegli scandali più o meno sessuali di cui si parla sui giornali. Viceversa, si può scorgere in Socrate, in Platone che riferisce (o inventa?) il punto di vista di Socrate, una concezione particolarmente sublime dell'amore, una concezione che non lo separa dal sesso ma lo distacca progressivamente da esso. Insomma, la corruzione della gioventù da parte di un filosofo non è questione di soldi né questione di piacere. Potrebbe allora essere una questione di corruzione da parte del potere? Sesso, soldi, potere fanno una sorta di trilogia, la trilogia della corruzione. Dire che Socrate corrompe la gioventù equivarrebbe a dire che Socrate fa agire la seduzione della propria parola per ottenere un potere. Il filosofo userebbe i giovani in vista di una potenza, di un'autorità. Li metterebbe al servizio della sua ambizione. Da questo punto di vista, si avrebbe corruzione della gioventù nel senso che se ne assorberebbe l'ingenuità in quella che, con Nietzsche, potremmo chiamare una volontà di potenza. Ma anche qui dico: tutt'altro! In Socrate, visto da Platone, c'è proprio una denuncia, del tutto esplicita, del carattere corruttore del potere. E' il potere che corrompe, non il filosofo. In Platone troviamo una critica violenta della tirannia, del desiderio di potere, alla quale non rimane nulla da aggiungere, ed è in qualche modo definitiva. Vedete dunque che si approda a una concezione della filosofia assolutamente estranea all'ambizione, alla concorrenza per il potere. La filosofia, il suo tema, è la vera vita. Che cos'è una vita vera? E' questa l'unica domanda della filosofia. E dunque, se vi si trova la corruzione della gioventù, non è affatto in nome del denaro, dei piaceri o del potere, ma per mostrare alla gioventù che esiste qualcosa di superiore a tutto questo: la vera vita. Qualcosa che vale la pena, per la quale vale la pena vivere, e che si lascia di molto alle spalle il denaro, i piaceri, il potere. In fondo per conquistare la vera vita bisogna lottare contro le prevenzioni, i preconcetti, l'obbedienza cieca, le consuetudini ingiustificate, la concorrenza illimitata. Fondamentalmente, corrompere la gioventù significa una cosa sola: tentare di fare in modo che la gioventù non ripercorra i sentieri già tracciati, che non sia semplicemente votata a obbedire ai costumi della città, che possa inventare qualcosa, proporre un altro orientamento per quel che riguarda la vera vita. Insomma, io ritengo che il punto di partenza sia la convinzione di Socrate che la gioventù abbia due nemici interiori. Sono questi nemici interiori che minacciano di allontanarla dalla vera vita, di non lasciarle riconoscere in sé stessa la possibilità della vera vita. Il primo nemico è quella che potremmo chiamare la passione per la vita immediata, per il piacere, per l'istante, per la musica, per un capriccio, per una canna, per un gioco idiota. Tutto questo esiste. Socrate non pretende di negarlo. Ma quando questi aspetti si accumulano, sono spinti al limite, quando questa passione organizza una vita intorno al singolo giorno, una vita appesa all'immediato del tempo, una vita in cui il futuro è invisibile o comunque del tutto oscuro, allora si viene indotti a una forma di nichilismo, una forma di concezione dell'esistenza che non ne ha alcun senso unificato. Una vita privata di significato, e dunque incapace di durare nel modo in cui dura una vita vera e propria. Quello che allora si chiama "vita" è un tempo ritagliato in istanti più o meno buoni, più o meno cattivi, e in fin dei conti avere più istanti possibili che siano pressappoco accettabili è tutto quello che si può sperare dalla vita. In definitiva, questa concezione smembra l'idea stessa della vita, la disperde, ed è il motivo per cui questa visione della vita è anche una visione della morte. E' un'idea profonda molto chiaramente presentata da Platone: allorché la vita è sottomessa in questo modo all'immediato temporale essa si smembra, si sparpaglia, non si riesce più a riconoscere, non è più collegata a un senso solido. Impiegando il linguaggio di Freud e della psicoanalisi, che Platone spesso e su molti punti anticipa, si potrebbe dire che questa visione della vita si ha quando la pulsione di vita è segretamente abitata dalla pulsione di morte. Inconsciamente la morte afferra la vita e la decompone, la strappa al suo significato possibile. Sarebbe dunque questo il primo nemico intimo della giovinezza, perché i giovani attraversano questa esperienza inevitabilmente. Essi debbono fare questa esperienza violenta del potere mortale dell'immediato. La filosofia mira non a negare questa esperienza vivente della morte interiore, ma a superarla. Dall'altro lato, la seconda minaccia interiore di un giovane è apparentemente opposta. Ovvero la passione per la riuscita, l'idea di diventare ricchi, potenti, di avere successo. L'idea di consumarsi non già nella vita immediata ma al contrario di trovare un posto al sole nell'ordine sociale esistente. La vita diviene allora la somma degli stratagemmi utili al successo, a costo, per riuscirci, di sottomettersi meglio di ogni altro all'ordine vigente. Non è il regime della soddisfazione immediata, del godimento, è il regime del progetto ben costruito, efficace. I migliori studi cominciano dalla materna e continuano nei migliori college, accuratamente selezionati. E se si riesce si continua su questa strada: i consigli d'amministrazione, l'alta finanza, i potenti mezzi di comunicazione, i ministeri, le camere di commercio, le start-up quotate miliardi in borsa... In fondo, quando si è giovani, senza saperlo chiaramente si è preda di due possibili orientamenti dell'esistenza, contraddittori e a volte mescolati. Potrei riassumere così queste due tentazioni: la passione di bruciarsi la vita, la passione di costruirla. Bruciarla significa il culto nichilista dell'immediato. Può peraltro benissimo essere il culto della pura rivolta, dell'insurrezione, dell'insubordinazione, della ribellione, delle nuove forme di vita collettiva splendide e brevi, come quelle occupazioni di luoghi pubblici che durano poche settimane. Ma si può vedere, si sa bene che tutto ciò rimane privo di effetti durevoli, privo di costruzione, privo di una padronanza organizzata del tempo. Si marcia sotto il motto: "no future". E se al contrario si orienta la propria vita verso la pienezza del futuro, la riuscita, il denaro, la posizione sociale, il mestiere redditizio, la famiglia tranquilla, le vacanze nelle isole del Sud, questo produrrà un culto conservatore dei poteri esistenti, visto che vi si impianterà la propria vita nelle migliori condizioni possibili.
Alain Badiou (fine prima parte)