Il bbb ovvero bye bye Bernie

23.11.2021


E così, alla fine, lo scorso venerdì 5 novembre la compagine progressista dei deputati del Congresso statunitense si è sfaldata e ー con l'eccezione di Alexandria Ocasio-Cortez, Rashida Tlaib, Ilhan Omar, Ayanna Presley, Cori Bush e Jaamal Bowman ー ha approvato il Bipartisan Instrastructure Framework (Bif), vanificando gli sforzi fatti per mesi per salvare le sorti di quel poco che ormai resta del Build Back Better (Bbb) o Reconciliation Bill, il piano sociale, sanitario ed ecologico che, secondo la parola solennemente data da Biden e dal gotha democratico, sarebbe dovuto passare contestualmente al Bif.

Stando alle considerazioni di Ocasio-Cortez, pur contenendo provvedimenti positivi per l'implementazione della rete stradale, ferroviaria e del trasporto pubblico e la creazione di circa un milione e mezzo di posti di lavoro, il Bif è anche un grande regalo alle corporation. Il Piano, inoltre, non prevede «finanziamenti per l'edilizia abitativa e scolastica, c'è più denaro destinato alle strade che non al transito pubblico e alle ferrovie messi insieme», senza contare che, oltre a un finanziamento irrisorio «per combattere il cambiamento climatico, il patto aumenta di fatto la dipendenza dai combustibili fossili usando una strategica vendita delle riserve di petrolio per finanziare il piano».

Il legame delle due leggi, garantito con fermezza dai progressisti contro il doppio tentativo di svincoloda parte di Nancy Pelosi su pressione dei corporate democrats della Camera, rappresentava dunque l'unica arma a disposizione dell'ala sinistra del Partito democratico per far valere il proprio potere contrattuale al fine di evitare il completo naufragio del Reconciliation Bill..

In effetti il massacro del Bbb ー piano i cui provvedimenti, secondo i sondaggi, corrispondono ai principali bisogni e desiderata della maggior parte della popolazione ー era già stato conclamato quando Biden annunciava soddisfatto di aver fatto un accordo con Joe Manchin, riuscendo a portare a 1,750 trilioni di dollari il budget di 1,5 trilioni che i due senatori dissidenti (Joe Manchin e Kyrsten Sinema che dettano legge nella metà democratica del Senato) erano disposti a concedere. Eppure il piano che Biden aveva sostenuto, passando per il presidente più progressista dai tempi di Franklin Delano Roosevelt, era da 3,5 trilioni, già frutto di un taglio rispetto alle iniziali richieste di Bernie Sanders.

Nulla di inedito per Biden che poco dopo il suo insediamento aveva assistito silenzioso, insieme alla sua vicepresidente Kamala Harris, allo stralcio dal Rescue Plan sul Coronavirus del provvedimento sul salario minimo di 15 dollari all'ora, uno dei cavalli di battaglia di entrambi.

Tornando al cambio di rotta della maggior parte dei progressisti, questo è in parte imputabile ai risultati elettorali del 2 novembre scorso, con la vittoria in Virginia del governatore repubblicano trumpiano Glenn Youngkin sul democratico centrista Terry McAuliffe, cui si aggiungono altri successi repubblicani in giro per il paese e la risicatissima vittoria democratica per il governatorato del New Jersey. Letto come la prova generale del bagno di sangue democratico previsto per elezioni di medio termine del 2022, il recente giro elettorale ha riscatenato, secondo copione, il mantra ripetuto dai media mainstream fin dalla comparsa sulla scena nazionale di Bernie Sanders che attribuisce alla cosiddetta «far left» tutte le colpe, invocando la necessità di un responsabile ritorno al centro, come se gli Stati uniti fossero in balia dell'estrema sinistra. Un esempio su tutti un articolo di qualche giorno fa delNew York Times che scrive: «Un Partito democratico che assume politiche progressiste a spese delle idee bipartisan e che rimugina su Donald Trump a spese di idee che guardino avanti, corre il rischio di diventare un Partito democratico marginale facendo appello solo alla sinistra».

Secondo tale mistificazione, la resistenza progressista sarebbe dunque il principale motivo dell'inefficienza del governo Biden, che ha portato sia alle sconfitte democratiche sia all'ulteriore discesa, dopo quella registrata con il ritiro dall'Afghanistan, del gradimento della coppia presidenziale, ora al 38% per Biden e 28% per Harris.

Il fatto è che che nei mesi della guerra tra Bernie e Manchinema (come viene chiamata la coppia di senatori centristi) sul Reconciliation Bill, la propaganda mainstream, come lo stesso Sanders ha denunciato sulla Cnn, ha volutamente evitato di spiegare i contenuti del Piano, nel timore che i cittadini potessero rendersi conto di quanto i singoli provvedimenti corrispondessero alle loro priorità. Allo stesso modo si è ben guardata dal denunciare la corruzione dei due senatori, cosa che avrebbe potuto fare, afferma David Sirota, con una semplice operazione di «following the money», come hanno dimostrato i reportage investigativi di testate quali The Daily Poster, The Intercept o The Guardian.

Fatto sta che ora, dopo l'approvazione del Bif, ai progressisti non resta in mano altro che qualche speranza. Quella per esempio esternata dalla deputata di Pramila Jayapal, che subito dopo il voto ha dichiarato ai giornalisti di fidarsi dei deputati centristi perché, pur negando il voto sul Bbb, hanno promesso ai progressisti, «guardandoci dritto negli occhi», che approveranno il Piano tra qualche giorno. Non prima però che il Nonpartisan Budget Office del Congresso avrà eseguito una completa stima del suo impatto sul deficit federale. Se non fosse per l'onestà e la devozione della deputata alla causa progressista, sembrerebbe uno scherzo.

E comunque anche se questo snaturato Bbb dovesse avere il supporto della Camera senza ulteriori mutilazioni, resta comunque l'incognita del Senato e di possibili nuovi ricatti di Manchin o di Sinema.
Le previsioni non mostrano nulla di buono. Come suggerito da Newsweek lo scorso 10 novembre, Manchin si è rimangiato la parola. Niente di nuovo, l'aveva già fatto poco dopo il patto con Joe Biden, presentando ancora una volta come giustificazioni al suo ormai probabile voto negativo l'aumento del debito pubblico e del tasso di inflazione che le spese sociali comporterebbero. Staremo a vedere.


Elisabetta Raimondi

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