Il reddito di base (ultima parte)

02.05.2020

Finora abbiamo dato per scontato che la fattibilità economica e politica del reddito di base possa essere discussa entro un contesto esclusivamente nazionale ma la cosiddetta globalizzazione ci impone di esaminare la questione sotto una luce diversa. Abbiamo sostenuto che la giustizia sociale richiede l'introduzione di un reddito di base incondizionato, ma è ancora possibile concepire la giustizia sociale a livello di una specifica società presa singolarmente? Non si dovrebbe invece considerare l'umanità intera come la comunità appropriata tra i cui membri distribuire le risorse in modo equo? La nostra opinione è che la giustizia sociale egualitaria debba applicarsi su scala globale. Se le cose stanno così è necessario che il reddito di base incondizionato venga introdotto e massimizzato a livello mondiale. Tale reddito, finanziato su scala globale, contribuirebbe a distribuire più equamente i doni e le opportunità dei quali la popolazione del pianeta gode oggi in maniera estremamente disuguale. Il principale fattore che determina le disuguaglianze tra gli individui del mondo è la cittadinanza che si acquisisce alla nascita e i diritti ad essa associati. Come si devono intendere allora le proposte di introduzione del reddito di base nei paesi ricchi? Queste proposte non equivalgono a reclamare "giustizia fra i ladri"? Una risposta onesta non può che essere affermativa, ma non ne consegue che la difesa di tali proposte sia illegittima. Perché? In primo luogo, così come l'ingiustizia della società nel suo complesso non ci esime dal perseguire una migliore giustizia nelle comunità locali, l'ingiustizia del mondo in cui viviamo non ci esime dal tentativo di ottenere una maggiore giustizia all'interno del nostro paese. In secondo luogo, ciò di cui abbiamo bisogno per conseguire la giustizia su scala globale sono istituzioni, non aiuti discrezionali. Quindi la creazione del giusto tipo di istituzioni, nei paesi ricchi come in quelli poveri, può contribuire alla costruzione di un ordine istituzionale globale giusto. In terzo luogo, l'analisi dei programmi nazionali di reddito di base non impedisce di cominciare a riflettere sull'opportunità di tali programmi a livello sovrannazionale. L'utopia di una società libera di cui c'è bisogno oggi deve essere un'utopia di vera libertà per tutti che ci emancipi dalla dittatura del mercato e ci permetta di mettere in salvo il nostro pianeta. Per dare forma a questa utopia di una società davvero libera non basta (va da sé) l'introduzione di un reddito di base incondizionato. Sono altrettanto importanti l'assistenza sanitaria e l'istruzione universale, l'accesso universale a informazioni di qualità su internet, un ambiente sano e una pianificazione urbanistica intelligente. Ma il solido fondamento che il reddito di base fornisce agli individui è la chiave. Le utopie non si realizzano da un giorno all'altro ma ci sostengono e ci dispongono ad affrontare le fatiche e gli sforzi quotidiani.

                                                                                                                        (fine)

                                                                                                            Philippe Van Parijs e

                                                                                                                      Yannick Vanderborght (2017)

Gianni Vannini - Blog politico
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