Il reddito di base (ultima parte)
Finora abbiamo dato per scontato che la fattibilità
economica e politica del reddito di base possa essere discussa entro un
contesto esclusivamente nazionale ma la cosiddetta globalizzazione ci impone di
esaminare la questione sotto una luce diversa. Abbiamo sostenuto che la
giustizia sociale richiede l'introduzione di un reddito di base incondizionato,
ma è ancora possibile concepire la giustizia sociale a livello di una specifica
società presa singolarmente? Non si dovrebbe invece considerare l'umanità intera
come la comunità appropriata tra i cui membri distribuire le risorse in modo
equo? La nostra opinione è che la giustizia sociale egualitaria debba
applicarsi su scala globale. Se le cose stanno così è necessario che il reddito
di base incondizionato venga introdotto e massimizzato a livello mondiale. Tale
reddito, finanziato su scala globale, contribuirebbe a distribuire più
equamente i doni e le opportunità dei quali la popolazione del pianeta gode
oggi in maniera estremamente disuguale. Il principale fattore che determina le
disuguaglianze tra gli individui del mondo è la cittadinanza che si acquisisce
alla nascita e i diritti ad essa associati. Come si devono intendere allora le
proposte di introduzione del reddito di base nei paesi ricchi? Queste proposte
non equivalgono a reclamare "giustizia fra i ladri"? Una risposta onesta non
può che essere affermativa, ma non ne
consegue che la difesa di tali proposte sia illegittima. Perché? In
primo luogo, così come l'ingiustizia della società nel suo complesso non ci
esime dal perseguire una migliore giustizia nelle comunità locali, l'ingiustizia
del mondo in cui viviamo non ci esime dal tentativo di ottenere una maggiore giustizia
all'interno del nostro paese. In secondo luogo, ciò di cui abbiamo bisogno per
conseguire la giustizia su scala globale sono istituzioni, non aiuti
discrezionali. Quindi la creazione del
giusto tipo di istituzioni, nei paesi ricchi come in quelli poveri, può
contribuire alla costruzione di un ordine istituzionale globale giusto. In
terzo luogo, l'analisi dei programmi nazionali di reddito di base non impedisce
di cominciare a riflettere sull'opportunità di tali programmi a livello
sovrannazionale. L'utopia di una società libera di cui c'è bisogno oggi deve
essere un'utopia di vera libertà per tutti che ci emancipi dalla dittatura del
mercato e ci permetta di mettere in salvo il nostro pianeta. Per dare forma a
questa utopia di una società davvero libera non basta (va da sé) l'introduzione
di un reddito di base incondizionato. Sono altrettanto importanti l'assistenza
sanitaria e l'istruzione universale, l'accesso universale a informazioni di
qualità su internet, un ambiente sano e una pianificazione urbanistica
intelligente. Ma il solido fondamento che il reddito di base fornisce agli
individui è la chiave. Le utopie non si realizzano da un giorno all'altro ma ci
sostengono e ci dispongono ad affrontare le fatiche e gli sforzi quotidiani.
(fine)
Philippe Van Parijs e
Yannick Vanderborght (2017)