La politica è una cosa semplice
Torno a pensare ai politici progressisti e alla risposta che mi darebbero: la realtà è troppo complessa per gli ideali. Di fronte a questi corpi che sono mappe del dolore a me sembra tutto così semplice, invece. Mi sembra semplice comprendere che se si usano lo stesso metro di misura e le stesse scorciatoie di chi si vuole combattere, come ha fatto la sinistra democratica italiana rispetto alle politiche migratorie della destra sovranista, alla fine se ne diventa la copia sbiadita, e le persone che giudicheranno, e voteranno, sceglieranno allora l'originale. Mi sembra semplice comprendere che se ci si prende la responsabilità di governare, la realtà si affronta con coraggio e fatica, analizzandola, riportando le situazioni nei loro limiti e provando a instillare ragionevolezza invece che assecondando le paure. Mi sembra semplice, soprattutto, che alcune azioni non si commettano e basta, che alcune decisioni non si prendano a nessun prezzo. Come quelle di condannare allo stupro e alla tortura, consapevolmente, le persone. Esiste questo limite? Se ne può ancora parlare? Una volta ho provato a chiederlo a dei militari che addestrano i libici all'interno delle missioni dell'Unione Europea nel Mediterraneo. Mi hanno risposto che questi sono problemi morali, o al massimo politici. Che l'operatività è un'altra cosa e che loro hanno unicamente il compito di svolgere con la massima efficienza il mandato che hanno ricevuto. Se i governanti che cercano solo consenso sono uomini e donne che non rischiano mai niente, i militari che eseguono si impediscono di pensare. Una filosofa ebrea tedesca emigrata in America, Hannah Arendt, che più di chiunque è stata in grado di raccontare come sia accaduto che un continente intero, in pochi decenni, scivolasse nel "tutto è possibile" degli orrori del nazifascismo europeo, ha definito questa incapacità di pensiero "la banalità del male".
Alessandra Sciurba