La resa dei conti
Spesso ci chiediamo quale degli eventi della nostra
sfuggente attualità finirà sui libri di storia. Ovviamente non è dato sapere
con certezza quali tratti del presente incresperanno l'oceano dei fatti, ma di
un fenomeno straziante che accade sotto i nostri occhi sono piuttosto sicuro
che si parlerà a lungo, in futuro. E' la guerra ai migranti, che miete un
numero di vittime spaventoso: se sommiamo i decessi sulle varie rotte,
arriviamo a diverse centinaia di migliaia di morti a cavallo tra il secolo scorso
e il nostro. "In futuro gli studiosi, trovando migliaia di cadaveri e relitti
nel Mediterraneo, crederanno che si sia combattuta una guerra", ha commentato
un folgorante Roberto Saviano pochi mesi fa. Oltre ai vivi dovremo difendere
anche questi morti, nei prossimi anni, perché neanche loro sono al sicuro. Come
ho già scritto altrove, verrà il giorno in cui i nostri figli e i nostri nipoti
ci chiederanno conto di tutto questo. Leggeranno sui libri di storia della
guerra ai migranti di questi anni, studieranno le nostre leggi, guarderanno
sgomenti i titoli dei nostri giornali, ascolteranno i discorsi dei nostri
governanti carichi di odio. Vedranno nitidamente dei mandanti, dei complici,
degli spettatori. Ci chiederanno, se saremo ancora vivi, chi sapeva cosa, e
perché non ci siamo opposti con ogni mezzo a questa barbarie. Noi risponderemo
che non era così chiaro quello che stava accadendo, che il presente sfugge
quando ci sei immerso dentro, che avevamo un amico, un fratello che
simpatizzava per quel partito criminale o per quell'altro partito complice, che
avevamo i cazzi nostri, che erano bravi a distrarci, che ci faceva comodo,
diamine, avere un nemico un po' più a sud, con la pelle un po' più scura, che
parlava male la nostra lingua. Che non siamo mica dei santi, maledizione, che
avevamo le nostre debolezze anche noi, che avevamo bisogno di certezze e c'era
qualcuno che ce le forniva. Che bisogna sempre individuare un "loro", perché
esista un "noi", e che senza di "loro" noi ci saremmo sentiti perduti. Poi
forse diremo che no, i veri barbari erano "loro", loro che venivano a cercare
chissà cosa, qua da noi, e che era giusto assassinarli o farli assassinare da
altri, meglio se lontani dai nostri occhi, al di là delle "nostre" coste,
diremo che il nostro mare e i nostri muri ci impedivano di vedere. Che
sapevamo, ma non sapevamo, che volevamo, ma non volevamo. Diremo un sacco di
cazzate, quando quel giorno arriverà. E poi ci commuoveremo rievocando i tempi
andati, e continueremo a dire altre cazzate. Tipo che la storia non si deve
ripetere, tipo che i "giovani" devono, devono, devono imparare dagli errori del
passato, tipo che quando eravamo giovani noi c'erano dei valori, almeno. C'era
la patria, c'era la nazione. E i nostri figli, i nostri nipoti, ci guarderanno
negli occhi e non ci diranno niente. E dovranno, semplicemente, fare i conti
con la vergogna di essere nostri figli, nostri nipoti.
Carlo Greppi