La resa dei conti

26.08.2020

Spesso ci chiediamo quale degli eventi della nostra sfuggente attualità finirà sui libri di storia. Ovviamente non è dato sapere con certezza quali tratti del presente incresperanno l'oceano dei fatti, ma di un fenomeno straziante che accade sotto i nostri occhi sono piuttosto sicuro che si parlerà a lungo, in futuro. E' la guerra ai migranti, che miete un numero di vittime spaventoso: se sommiamo i decessi sulle varie rotte, arriviamo a diverse centinaia di migliaia di morti a cavallo tra il secolo scorso e il nostro. "In futuro gli studiosi, trovando migliaia di cadaveri e relitti nel Mediterraneo, crederanno che si sia combattuta una guerra", ha commentato un folgorante Roberto Saviano pochi mesi fa. Oltre ai vivi dovremo difendere anche questi morti, nei prossimi anni, perché neanche loro sono al sicuro. Come ho già scritto altrove, verrà il giorno in cui i nostri figli e i nostri nipoti ci chiederanno conto di tutto questo. Leggeranno sui libri di storia della guerra ai migranti di questi anni, studieranno le nostre leggi, guarderanno sgomenti i titoli dei nostri giornali, ascolteranno i discorsi dei nostri governanti carichi di odio. Vedranno nitidamente dei mandanti, dei complici, degli spettatori. Ci chiederanno, se saremo ancora vivi, chi sapeva cosa, e perché non ci siamo opposti con ogni mezzo a questa barbarie. Noi risponderemo che non era così chiaro quello che stava accadendo, che il presente sfugge quando ci sei immerso dentro, che avevamo un amico, un fratello che simpatizzava per quel partito criminale o per quell'altro partito complice, che avevamo i cazzi nostri, che erano bravi a distrarci, che ci faceva comodo, diamine, avere un nemico un po' più a sud, con la pelle un po' più scura, che parlava male la nostra lingua. Che non siamo mica dei santi, maledizione, che avevamo le nostre debolezze anche noi, che avevamo bisogno di certezze e c'era qualcuno che ce le forniva. Che bisogna sempre individuare un "loro", perché esista un "noi", e che senza di "loro" noi ci saremmo sentiti perduti. Poi forse diremo che no, i veri barbari erano "loro", loro che venivano a cercare chissà cosa, qua da noi, e che era giusto assassinarli o farli assassinare da altri, meglio se lontani dai nostri occhi, al di là delle "nostre" coste, diremo che il nostro mare e i nostri muri ci impedivano di vedere. Che sapevamo, ma non sapevamo, che volevamo, ma non volevamo. Diremo un sacco di cazzate, quando quel giorno arriverà. E poi ci commuoveremo rievocando i tempi andati, e continueremo a dire altre cazzate. Tipo che la storia non si deve ripetere, tipo che i "giovani" devono, devono, devono imparare dagli errori del passato, tipo che quando eravamo giovani noi c'erano dei valori, almeno. C'era la patria, c'era la nazione. E i nostri figli, i nostri nipoti, ci guarderanno negli occhi e non ci diranno niente. E dovranno, semplicemente, fare i conti con la vergogna di essere nostri figli, nostri nipoti.

Carlo Greppi

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