Lavoro
Il rapporto tra le politiche emancipative e il mondo del lavoro è sempre stato un rapporto contraddittorio, lacerato fra l'odio ragionato verso i ritmi alienanti di produzione e l'istintiva simpatia e solidarietà verso chi questi ritmi li subiva, cioè i lavoratori stessi. Questa ambiguità ha generato posizioni equivoche e poco lineari con oscillazioni che andavano dal luddismo all'operaismo. Credo che sia necessario attualizzare il punto di vista autenticamente progressista sull'argomento. Ho usato qui non a caso il termine progressista perchè appunto il progresso ha giocato e continuerà a giocare un ruolo preponderante nel nostro sforzo di analisi. L'annosa diatriba tra rinnovamento tecnologico ( con conseguente graduale automazione delle attività produttive ) e politiche sindacali puramente volte alla difesa dei posti di lavoro credo che abbia fatto decisamente il suo tempo. Non si tratta più di mettere un argine all'inevitabile e, per molti versi, auspicabile sostituzione della manodopera umana con le macchine e persino con i robot ma, al contrario, di prendere in mano questi processi per indirizzarli, anche politicamente, nella giusta direzione. L'utopia della piena occupazione, cara ad una certa Sinistra, deve essere completamente abbandonata e sostituita da un'adeguata e ben strutturata battaglia sul reddito garantito. E' arrivato il momento di confutare la frettolosa equazione tra reddito da lavoro e dignità umana, platealmente smentita dalla realtà del neocapitalismo che ci fornisce esempi sempre più eclatanti di uomini, donne e persino bambini che svolgono mansioni lavorative le quali ( per la forma, per la sostanza, per i ritmi produttivi e per le condizioni di "sicurezza" ) si possono definire tutto tranne che dignitose. Basta quindi con i ricatti morali e spazio a politiche sociali che garantiscano un sostentamento minimo a tutti i cittadini, dove per sostentamento minimo si intende non solo fornire i mezzi per bere e per mangiare ma anche un alloggio decoroso e confortevole. L'inevitabile obiezione sulla presunta impossibilità di reperire le risorse economiche per attuare un simile programma va vigorosamente respinta al mittente. La società in cui viviamo, infatti, ci offre quotidianamente esempi di sprechi macroscopici e di lussi al limite dell'osceno, il che ci fa capire che la soluzione ( ovvia ) del problema sta in una decisa ed efficace politica di redistribuzione delle risorse. La Sinistra radicale, se vuole essere davvero degna di questo nome, deve dire addio per sempre a qualunque tentazione neoliberista.