Le storie della buona notte

02.07.2020

Il rituale della lettura, ogni sera, ai piedi del suo letto, quando era piccolo (orario fisso e gesti immutabili) aveva qualcosa della preghiera. Quell'improvviso armistizio dopo il frastuono della giornata, quell'incontro al di là di ogni contingenza, quel momento di silenzio raccolto che precede le prime parole del racconto, la nostra voce finalmente identica a se stessa, la liturgia degli episodi... Sì, la storia letta ogni sera assolveva la più bella funzione della preghiera, la più disinteressata, la meno speculativa, e che concerne solamente gli uomini: il perdono delle offese. Non confessavamo nessun peccato, non cercavamo di conquistarci nessuna fetta di eternità, era un momento di comunione, tra di noi, l'assoluzione del testo, un ritorno all'unico paradiso che valga: l'intimità. Senza saperlo, scoprivamo una delle funzioni essenziali del racconto e più in generale dell'arte, che è quella di imporre una tregua alla lotta degli uomini. L'amore ne usciva rinato. Era gratis. Gratis. Pruprio così lo intendeva. Un regalo, per un momento fuori da qualsiasi momento. A dispetto di tutto. La storia notturna lo sgravava dal peso dell'intera giornata. Mollati gli ormeggi, lui si faceva portare dal vento, infinitamente leggero, e il vento era la nostra voce. In cambio di questo viaggio, non pretendevamo niente da lui, neanche un soldo, non gli chiedevamo la minima contropartita. Non era neanche una ricompensa. (Ah, le ricompense...come ci si doveva mostrare degni di essere stati ricompensati!) Qui tutto avveniva all'insegna della gratuità. La gratuità, che è la sola moneta dell'arte.

                                                                                                                    Daniel Pennac

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