L'Europa disunita
Andando a spasso per il web mi sono imbattuto nella filippica antitedesca di Tullio Solenghi. Come temevo: dalla retorica pseudonazionalista dei balconi imbandierati a quella becera e forcaiola il passo è breve. Il buon Solenghi (di cui ammiro le grandi qualità di interprete e imitatore, tanto che lo esorto in futuro a coltivare quelle e a lasciar perdere le ambizioni da tribuno) si slancia con appassionato fervore contro il popolo teutonico colpevole, oltre che di aver provocato due guerre mondiali e un olocausto (il che è innegabile), di opporsi con tutte le sue forze alla nascita dei cosiddetti "Coronabond". Probabilmente il talentuoso attore negli ultimi cinquanta anni è stato un po' distratto altrimenti si sarebbe accorto che la vagheggiata ambiziosa Unione Europea in realtà non è mai esistita se non sulla carta o in alcuni assai discutibili provvedimenti di natura economica che hanno causato più di un problema, specialmente agli agricoltori. Anche il tanto strombazzato Quantative Easing attuato dalla BCE è più un intervento di calmieraggio dei mercati finanziari che uno strumento di solidarietà verso le economie europee più deboli. Senza citare l'assenza assoluta di una politica comune in tema di immigrazione. Una volta ricordato tutto questo stupirsi del comportamento egoistico di questo o quello stato dell'Unione mi sembra (se in buona fede) di un'ingenuità disarmante. In quanto al giudizio storico dato dal Solenghi sulla mancata riconoscenza del popolo tedesco verso chi l'avrebbe salvato e alla sua affermazione che, in assenza di tale salvataggio, la Germania sarebbe oggi una nazione di baraccati mi permetto di dissentire su entrambi gli argomenti. Punto primo: il salvataggio economico della Germania (e anche, non dimentichiamo, degli altri paesi dell'Europa occidentale coinvolti nel conflitto) è stato sopratutto il frutto del robusto intervento degli Stati Uniti concretizzatosi nel Piano Marshal, le cui motivazioni non erano peraltro tutte così nobili visto che si trattava di strappare l'Europa occidentale alla possibile influenza sovietica. Punto secondo: personalmente non ho alcun dubbio che il popolo tedesco si sarebbe comunque rialzato, meglio e prima degli altri, semplicemente perchè dotato di qualcosa che noi italiani ignoriamo: il senso dello stato e della comunità. Certo, Solenghi ha ragione a dire che è inaccettabile che gli italiani vengano identificati da tutto il mondo con lo stereotipo del mafioso ma non meno fasulli sono gli stereotipi che li classificano come un popolo generoso, appassionato, solidale. Sarebbe più giusto ammettere semplicemente che non siamo un popolo e questo per ragioni storiche e culturali che meritano di essere affrontate dando loro tutto il tempo e lo spazio necessario. Tornando al sogno dell'Europa unita, invece, mi piacerebbe che non restasse tale ma per realizzarlo è necessario rifondare totalmente il progetto esistente, cominciando dall'estensione dei poteri del Parlamento Europeo e dalla creazione di una finora inesistente governance politica comunitaria.