Libertà e bisogni (prima parte)
Sin dall'inizio la libera iniziativa non fu propriamente una benedizione. In quanto libertà di lavorare o di far la fame, essa voleva dire fatica, insicurezza e paura per la gran maggioranza della popolazione. Se l'individuo non fosse più obbligato a provare quanto vale sul mercato, nella sua qualità di libero soggetto economico, la scomparsa di questo genere di libertà sarebbe uno dei più grandi successi della civiltà. I processi tecnologici di meccanizzazione potrebbero liberare l'energia di molti individui, facendola confluire in un regno ancora inesplorato di libertà al di là delle necessità. La stessa struttura dell'esistenza umana ne sarebbe modificata: l'individuo verrebbe liberato da bisogni a lui estranei e sarebbe libero di esercitare la sua autonomia in una vita che sarebbe ormai veramente sua. Se fosse possibile organizzare e dirigere l'apparato produttivo verso la soddisfazione dei bisogni vitali, il controllo di esso potrebbe benissimo venire accentrato; tale controllo non sarebbe d'ostacolo alla autonomia individuale ma la renderebbe possibile. Questo obiettivo è pienamente alla portata della società industriale avanzata, rappresentando esso il fine della razionalità tecnologica. Nella realtà sembra operare però la tendenza contraria: l'apparato impone le sue esigenze economiche e politiche sul tempo di lavoro come sul tempo libero, sulla cultura materiale come su quella intellettuale. In virtù del modo in cui è organizzata, la società industriale contemporanea tende ad essere totalitaria. Il termine "totalitario", infatti, non si applica soltanto ad una organizzazione politica terroristica della società, ma anche ad una organizzazione economico-tecnica, non terroristica, che opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di interessi costituiti. Essa preclude per tal via l'emergere di una opposizione efficace contro l'insieme del sistema. Non soltanto una forma specifica di governo o di dominio partitico producono il totalitarismo, ma pure un sistema specifico di produzione e di distribuzione, sistema che può essere benissimo compatibile con un "pluralismo" di partiti, di giornali, di "poteri che si controbilanciano" eccetera.
Herbert Marcuse (1964)
(fine prima parte)