L'illusione della "spesa progressista"

17.03.2021


Liberi di scegliere, scritto nel 1980 da Milton e Rose Friedman, è un'introduzione chiara e concisa a tutta una serie di argomenti economici reazionari. Se sei un socialista che vuole capire cosa pensa il nemico, è un buon punto di partenza. In un passaggio cruciale la coppia liberista sostiene che è possibile esercitare maggior potere attraverso le scelte dei consumatori che attraverso l'azione politica.

Quando si entra in cabina elettorale, si vota quasi sempre per un pacchetto precostituito piuttosto che su questioni specifiche. Se sei tra la maggioranza, nella migliore delle ipotesi otterrai sia cose che volevi sia quelle a cui ti eri opposto ma che a conti fatti consideri meno importanti. In generale, ti ritrovi con qualcosa di diverso da quello per cui pensavi di aver votato. Se sei tra la minoranza, devi conformarti al voto della maggioranza e aspettare che arrivi il tuo turno. Quando voti ogni giorno al supermercato ottieni invece esattamente ciò che hai scelto, e così fanno tutti gli altri.

Nelle mani dei Friedman, questo è un argomento a favore di una maggiore «libertà economica». Meno devi pagare con le tasse per finanziare programmi sociali governati da meccanismi democratici imperfetti, più potrai spendere sul mercato per ottenere «esattamente quello che vuoi». Nei decenni successivi, l'idea secondo cui «votiamo quotidianamente al supermercato» (o gli equivalenti online del supermercato) è diventata popolare anche tra i progressisti che rifiutano le conclusioni politiche di Friedman. Ho perso il conto del numero di volte che ho sentito una delle varianti di questa conversazione:

- L'azienda X ha fatto questa cosa terribile

- Be', non comprerò mai più i loro prodotti!

Alcuni hanno annunciato il «boicottaggio» di Goya o MyPillow per la politica reazionaria degli amministratori delegati di queste società. Altri hanno dichiarato con orgoglio che «non comprano da Amazon», anche se il sindacato Retail, Wholesale and Department Store Union, che sta guidando l'organizzazione della vertenza in corso in Alabama, ha rifiutato esplicitamente il boicottaggio.

A volte, l'impulso al «boicottaggio individuale» produce effetti particolarmente assurdi. Quando la catena di supermercati Wegmans è finita nelle liste di boicottaggio perché vendeva vino a marchio Trump, i sostenitori di Trump si sono riversati a Wegmans e hanno fatto in modo che il vino fosse esaurito per settimane. Quando gli attivisti dell'hashtag #DeleteUber hanno convinto un numero significativo di clienti progressisti al boicottaggio per protestare contro il comportamento dell'azienda durante le contestazioni anti-Trump, il grande beneficiario è stato Lyft, una società i cui principali azionisti includevano Carl Icahn e Peter Thiel, entrambi pro-Trump.

Utilizzare il boicottaggio organizzato come strumento politico in alcune situazioni è sensato. Ma l'idea che l'alterazione delle abitudini di spesa individuali sia un modo per ottenere un cambiamento è indistinguibile dalla premessa fondamentale di Friedman. Ciò dovrebbe indurre qualsiasi progressista a ripensarci un attimo.

«Votare consumando»

Il primo e più evidente difetto dell'idea di «votare consumando» è che la distribuzione dei «voti» economici è nettamente diseguale. Se la prendessimo sul serio come teoria del cambiamento, dovremmo constatare che la maggioranza della working class potrebbe beneficiare del cambiamento ma non potrebbe esserne protagonista. Un altro problema di questo approccio è che anche se i progressisti benestanti sostengono idee economiche favorevoli alle persone delle classi più povere, è molto improbabile che quando «votano facendo la spesa» diano la priorità a queste preoccupazioni rispetto a preoccupazioni culturali più effimere.

Quando si vota effettivamente nelle urne, invece, la working class ha la possibilità di trascinare la maggioranza degli elettori. Quando i lavoratori si organizzano nei luoghi di produzione e scioperano, esprimono una tendenza generale. Ciò non significa che le campagne elettorali e le lotte sindacali abbiano sempre o almeno spesso successo. I capitalisti e i politici utilizzano metodi rodati per minare gli scioperi e per distogliere l'attenzione degli elettori dalla guerra di classe. Ma la lotta politica e quella sindacale portano i lavoratori su un terreno in cui hanno molte più possibilità di vincere. L'attivismo dei consumatori è molto meno promettente.

Quando nel 2019 ho discusso con l'economista liberista Gene Epstein su un argomento simile, lui ha sottolineato che le persone a basso reddito controllano una parte enorme della ricchezza della nostra società se consideriamo tutti i loro redditi messi insieme. È vero. Il problema è che quando «votiamo quotidianamente al supermercato» compiamo un gesto individuale e le pressioni per «votare» basate su questioni estranee a qualsiasi cambiamento sono schiaccianti. I Friedman hanno ragione nel notare che nella maggior parte dei contesti «votiamo per un pacchetto predefinito piuttosto che per questioni specifici» (le ovvie eccezioni sono i referendum). Ma hanno torto quando affermano che al supermercato otteniamo «esattamente quello che vogliamo».

Pensate al salario minimo. I sondaggi hanno mostrato per anni che la maggior parte delle persone è a favore dell'aumento del salario minimo a 15 dollari l'ora. In Florida lo scorso novembre una misura per implementare un salario minimo a 15 dollari è passata anche nei seggi in cui Trump aveva la maggioranza per le elezioni statali. Allora perché, seguendo la logica di Friedman, coloro che «votavano quotidianamente» nei supermercati popolari a livello regionale come Publix e Winn-Dixie non selezionavano semplicemente i prodotti venduti da aziende che pagavano i loro lavoratori almeno 15 dollari l'ora? Ciò non aumenterebbe la base salariale senza bisogno di un'azione politica?

Parte del motivo per cui non lo fanno è che i Friedman hanno torto nel sostenere che «votare ogni giorno al supermercato» non significhi «votare per un pacchetto predefinito». In effetti, i pacchetti predefiniti per i quali i consumatori «votano» sono più nascosti di quelli che gli elettori si trovano di fronte quando selezionano i rappresentanti alle urne, e i fattori che sarebbero rilevanti per cambiare il mondo attraverso le decisioni dei consumatori sono quelli che si trovano sepolti più in profondità all'interno di quel pacchetto.

Se la società di cereali per la colazione A paga i suoi dipendenti più della società di cereali per la colazione B, la decisione di un determinato consumatore su quale acquistare non è un referendum su come vogliono il salario base. È una scelta su quali cereali hanno un sapore migliore, su quali sono più economici, tra chi è disposto a essere il cretino che dice ai propri figli che non possono mangiare i cereali che gli piacciono perché i loro genitori si preoccupano delle persone che non sanno quello che fanno, e molte altre cose che è psicologicamente non plausibile pensare importeranno al consumatore medio stressato che spende forse dai cinque ai dieci secondi in piedi nel corridoio dei cereali a decidere cosa infilare nel carrello. E tutto ciò sarebbe vero anche se i cereali avessero grandi adesivi che indicano la paga oraria del lavoratore meno pagato di ciascuna azienda. Nel mondo reale, fare quel tipo di ricerca su ogni articolo di una lista della spesa sarebbe un processo enormemente dispendioso in termini di tempo e, in molti casi, decisamente impossibile.

I lavoratori hanno il potere di scegliere nelle urne, dove le questioni politiche sono in primo piano e il numero di persone in fila in ogni seggio conta più di quanti soldi ci sono nelle loro tasche. Hanno ancora più potere sul lavoro, dove possono bloccare tutto fino a quando le loro richieste non vengono soddisfatte. I boicottaggi possono essere efficaci se eseguiti da una massa ben organizzata di persone con obiettivi concreti. Tale pratica ha funzionato particolarmente bene in alcuni contesti, come il boicottaggio degli autobus di Montgomery dove chi boicottava viveva in un'area geografica ben definita e poteva decidere insieme se continuare o interrompere il boicottaggio per esercitare pressioni sociali, o quando i lavoratori in sciopero hanno usato il boicottaggio dei consumatori come strumento ausiliario alla loro lotta. Il boicottaggio internazionale dell'apartheid in Sud Africa ha svolto un ruolo strutturalmente simile come supporto alla lotta di liberazione condotta dall'African national congress (Anc). Ma i clienti sparpagliati nel paese che si incoraggiano a vicenda a impegnarsi in «boicottaggi» a lungo termine di un lungo elenco di aziende per un lungo elenco di motivi, distaccati da qualsiasi strategia realistica o anche da obiettivi ben definiti, non rientrano in questa categoria. Strombazzare le decisioni dei singoli consumatori alimenta una guerra culturale, non garantisce riforme significative.

Votiamo quando scioperiamo. Votiamo quando partecipiamo alle elezioni. Non votiamo quando «non compriamo» da alcune aziende, e dare l'idea che invece lo stiamo facendo serve a distrarci dalle strategie che possono effettivamente rafforzare le maggioranze democratiche. Non comprate questa roba.


Ben Burgis

Gianni Vannini - Blog politico
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