Nuvole minacciose (prima parte)
Il recente sviluppo dell'organizzazione del cyberspazio in direzione del cosiddetto "cloud computing" fa parte dela spinta globale verso la privatizzazione del "general intellect". Poco più di un decennio fa il computer era una grande scatola posata sopra le nostre scrivanie e dati e programmi venivano scaricati con floppy disc e chiavette USB. Oggi non abbiamo più bisogno di questi ingombranti computer individuali, dal momento che il cloud computing si basa su internet, cioè software e informazioni vengono forniti ai computer o agli smartphone su richiesta, nella forma di strumenti o di applicazioni a cui gli utenti possono accedere e che possono usare attraverso browser come se fossero programmi installati sui loro computer. In questo modo abbiamo accesso a informazioni ovunque nel mondo, su qualunque computer, con gli smartphone che letteralmente ci mettono questo accesso in tasca. Prendiamo già parte al cloud computing quando facciamo ricerche e riceviamo milioni di risultati nella frazione di un secondo: il processo di ricerca viene compiuto da migliaia di computer collegati che condividono risorse nel cloud,, nella "nuvola". Allo stesso modo Google Books rende disponibili in qualsiasi momento e ovunque nel mondo milioni di opere digitalizzate. Per non parlare del nuovo livello di socializzazione aperto dagli smartphone: oggi uno smartphone possiede di norma un processore più potente di quello contenuto nello scatolone dei pc standard di solo pochi anni fa. In più è connesso a internet, e così non solo io ho accesso a vari programmi e a un numero immenso di dati ma posso anche inviare e ricevere istantaneamente messaggi vocali, videoclip ecc. Questo meraviglioso mondo nuovo, tuttavia, rappresenta solo una faccia della storia che, intera , suonerebbe come la famosa battuta del medico: "prima la buona notizia, poi la cattiva". Oggi gli utenti hanno accesso a programmi e software gestiti a grande distanza in locali climatizzati che contengono migliaia di computer. Per poter gestire un cloud, una "nuvola", ci deve essere un sistema di monitoraggio che ne controlla il funzionamento, un sistema che è celato all'utente finale. Quindi il paradoso è che, più il nuovo gadget (smartphone o minuscolo portatile) che tengo in mano diventa personalizzato, facile da usare, "trasparente" nel suo funzionamento, più l'intero sistema deve basarsi sul fatto che il lavoro viene fatto altrove, nei vasti circuiti di macchine che coordinano l'esperienza dell'utente. In altre parole, affinchè l'esperienza dell'utente diventi più personalizzata, esse deve essere regolata e controllata da un sistema lontano.
Slavoj Zizek (fine prima parte)