Nuvole minacciose (seconda parte)

Il punto è che ora non è solo la tecnologia di base a essere controllata ma anche la scelta e l'accessibilità del contenuto. Con la formazione dei clouds, infatti, una singola azienda o corporation sarà sempre più implicata a tutti i livelli del cyberworld a partire dalle singole macchine (pc, IPhone ecc.) e dall'hardware per la memoria di programmi e dati fino al software in tutte le sue forme (audio, video ecc.). Quindi tutto diventa accessibile ma solo in quanto mediato attraverso un'azienda che possiede tutto: software e hardware, contenuto e contenitore. Per fare un esempio alquanto ovvio, Apple non solo vende IPhone e IPad ma è anche proprietaria di ITunes. Ha anche siglato un accordo con Sky per cui le notizie disponibili sul cloud di Apple saranno fornite dall'impero mediatico di Rupert Murdoch. Che si tratti di Apple o di Microsoft, l'accesso globale è sempre più basato sulla privatizzazione pressochè monopolistica del cloud che fornisce l'accesso. Quanto più al singolo utente è dato accesso allo spazio pubblico globale, tanto più questo spazio è privatizzato. I suoi difensori presentano il "cloud computing" come un passo logico nell'evoluzione "naturale" di internet ma non c'è nulla di "naturale" nella progressiva privatizzazione del cyberspazio globale e nel fatto che due o tre compagnie in una posizione quasi monopolistica possano non solo stabilire i prezzi a loro piacimento ma anche filtrare il software che forniscono per dare alla sua presunta "universalità" una particolare piega che dipende da interessi commerciali o ideologici. E' vero che il "cloud computing" offre ai singoli utenti una ricchezza di scelta senza precedenti ma questa libertà di scelta non è forse condizionata dalla scelta iniziale di un provider, rispetto al quale abbiamo sempre meno libertà?

                                                                                                        Slavoj Zizek (fine)