Per una giustizia globale (ottava parte)
Pochissimi
di coloro che criticano le istituzioni internazionali (e pochissimi tra coloro
che lavorano per loro) sembrano avere idea di come sono nate e di come abbiano
assunto la forma attuale. La conseguenza, almeno in parte, è che il dibattito è
stato caratterizzato da una profonda ignoranza. Nulla fornisce un esempio
migliore di questa ignoranza dei malintesi predominanti sulle origini della
Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. A quanto pare tutti
credono che siano state fondate dal celebre economista liberale John Maynard
Keynes. Nel pamphlet in cui attacca il movimento per la giustizia globale il
giornalista John Lloyd sostiene che Keynes è stato "il teorico più importante
tra quelli che hanno portato alla creazione degli enti internazionali". Persino
il grande Joe Stiglitz descrive Keynes come "il padrino intellettuale dell'FMI"
e lascia intendere che "si rivolterebbe nella tomba se vedesse cosa ne è stato
della sua creatura". La realtà è che il povero Lord Keynes si rivolterebbe
nella tomba se sapesse di un tale travisamento storico. L'accordo che portò
all'istituzione dell'FMI e della Banca mondiale fu raggiunto nel 1944 in un
albergo a fianco di una stazione ferroviaria abbandonata chiamata Bretton Woods
nel New Hampshire, Stati Uniti. Oggi gli accordi di Bretton Woods vengono
intesi come la soluzione del mondo ricco ai problemi del mondo povero ma il
loro tema principale era la ricostruzione dell'Europa dopo la guerra. Di fatto,
la nazione debitrice che presentava i problemi più urgenti nella bilancia dei
pagamenti non era il Mozambico, la Tanzania o l'Indonesia bensì la Gran
Bretagna. La conferenza fu, in sostanza, una battaglia tra due uomini
eccezionali. Uno di loro era Harry Dexter White, leader della delegazione USA
incaricata delle trattative, ingegnoso politico nonché negoziatore esperto e
spietato, le cui idee erano diventate predominanti nella strategia del Tesoro
statunitense. L'altro era il leader della delegazione britannica, John Maynard
Keynes, quasi universalmente riconosciuto come il più grande economista dei
suoi tempi. Gli Stati Uniti erano allora, al pari di oggi, la potenza economica
che dominava il mondo. La Gran Bretagna, soprattutto a causa della guerra, era
una nazione fortemente indebitata cui era toccato in sorte un genio
dell'economia incaricato di tentare il salvataggio della nazione. Ciò che egli
concepì, benchè lo si sia compreso con notevole ritardo, fu un sistema che non
avrebbe potuto essere progettato meglio, anche confrontato con i problemi
ancora più gravi che oggi le nazioni povere si trovano davanti. Keynes capì che
le nazioni debitrici possono fare poco per incidere sulla bilancia commerciale:
possono ridurre il valore della moneta, nella speranza di rendere più attraenti
le esportazioni, ma la sola conseguenza è che il valore delle esportazioni cala
in proporzione all'aumento del loro volume. Egli comprese che questo problema è
aggravato da altri due fattori. In primo luogo una nazione fortemente
indebitata deve spendere gran parte del denaro che possiede per ripagare i
propri debiti pertanto la somma a disposizione per gli investimenti nei settori
che potrebbero produrre esportazione è minore, col risultato che il deficit
commerciale è verosimilmente destinato a crescere con l'aumento del debito. In secondo
luogo, il denaro spostato per il mondo dagli speculatori finanziari ha la
tendenza ad abbondonare le nazioni che si trovano economicamente nei guai per
introdursi in quelle che stanno prosperando, il che significa che le nazioni
debitrici hanno sempre meno da investire per produrre merci da esportare al
contrario di quelle creditrici. I paesi appartenenti ai due gruppi, quindi,
sono bloccati nelle rispettive posizioni economiche. Keynes arrivò all'ovvia
conclusione che non è possibile incidere in modo sostanziale sui rapporti
commerciali tra le nazioni a meno che i creditori e i debitori non siano
costretti a cambiarli. La soluzione che propose era un sistema ingegnoso con
cui persuadere le nazioni creditrici a spendere il proprio surplus nelle economie
delle nazioni debitrici: suggerì la costituzione di una banca globale che
chiamò Unione per la compensazione internazionale. Il sistema progettato
impediva la messa in moto del circolo vizioso: le nazioni in deficit sarebbero
state riportate all'equilibrio e altrettanto sarebbe accaduto alle nazioni in
surplus. Al posto di una situazione in cui i debiti temporanei si traducono in
debiti permanenti e i debiti di piccola entità si trasformano in debiti enormi,
crediti e debiti si sarebbero annullati reciprocamente al termine di ogni anno.
Le reazioni a questa proposta, dentro e fuori la Gran Bretagna, furono
entusiaste. Gli economisti di tutte le nazioni cominciarono a capire che Keynes
aveva colpito nel segno: aveva, per la prima volta nella Storia,
concepito
un sistema distributivo che aumentava la prosperità generale livellando
contemporaneamente il potere delle nazioni. Il contributo alla pace e
all'equilibrio del potere apportato dal suo sistema avrebbe potuto dimostrarsi
altrettanto decisivo del contributo alla bilancia commerciale. Durante la
preparazione degli alleati alla conferenza di Bretton Woods la Gran Bretagna
adottò la posizione di Keynes come posizione ufficiale da tenersi durante il
negoziato. La nazione in cui questo progetto venne accolto con minore
entusiasmo furono gli Stati Uniti: gli USA, a quei tempi, erano il maggior
creditore mondiale ed erano determinati a rimanere tali. La guerra aveva
incrementato enormemente le loro esportazioni e il paese temeva che, senza una
politica commerciale aggressiva, la pace avrebbe potuto portare alla
recessione. Dexter White escluse la possibilità che alle nazioni in surplus
venisse richiesto di alterare i rapporti commerciali e gli altri stati, come
fece notare lo stesso Keynes, pur essendo " prevalentemente a favore
dell'Unione per la compensazione" erano "estremamente timorose di opporsi agli
USA". La Gran Bretagna stessa aveva con gli USA un rapporto estremamente impari
poiché era diventata dipendente dall'aiuto della loro economia per poter vincere
la guerra. Già nell'estate del '43 parve evidente che alla soluzione proposta
da Keynes non sarebbe stato concesso di prevalere e lui stesso capì che il
meglio che poteva fare era cercare di modificare il piano concorrente. Riuscì a
ottenere il ruolo di presidente della conferenza e questa è probabilmente la
ragione per la quale gli viene così spesso attribuita, a torto, la paternità
degli enti creati a Bretton Woods. Alla fine, benchè sapesse che gli accordi
non avrebbero risolto i problemi di fondo, li firmò perché era altrettanto
consapevole che un sistema basato su delle regole, ancorchè sbagliate, è meglio
di un sistema totalmente privo di regole. Tornato in patria Keynes, pur
cercando di difendere davanti al proprio popolo le conclusioni della conferenza
fu costretto ad ammettere che alcuni degli indirizzi concordati a Bretton Woods
"potrebbero essere assai dissennati e distruttivi per il commercio
internazionale".
George Monbiot (2003)
(fine ottava parte)