Per una giustizia globale (settima parte)
Lo scopo originario della Banca mondiale era concedere
prestiti a lungo termine alle nazioni le cui economie erano state devastate
dalla Seconda guerra mondiale. Si trattava di un ruolo utile e importante, e
durante i primi anni della sua esistenza l'operato della Banca fu senz'altro
soprattutto positivo. Ma il suo mandato ha continuato ad espandersi, pur senza
l'assenso dei paesi su cui interviene. Tra gli altri compiti che si è assegnata
c'è l'attuazione di "progetti di sviluppo" per la costruzione di dighe o
l'impianto di colture commerciali, la concessione di "prestiti di adeguamento
strutturale", volti ad aiutare i paesi nella restituzione dei loro debiti, e la
concessione di garanzie sui prestiti alle imprese, molte delle quali hanno la
loro sede nel mondo ricco. Come le sue responsabilità si sono ampliate e le
domande del mondo ricco sono diventate più pressanti, il suo impatto
distruttivo ha finito per avere più peso dell'opera positiva che essa svolge.
La Banca mondiale è diventata una delle cause principali della povertà, della
distruzione ambientale e del debito del mondo povero. I prestiti della Banca
dovrebbero aiutare un paese a pagare i suoi debiti, ristrutturandone
contemporaneamente l'economia in modo da dissuadere lo stato dallo sperpero e
attrarre gli investitori. Per ricevere gli aiuti un governo deve acconsentire a
certe "condizionalità". Tali condizionalità, che spesso comportano una
riduzione massiccia della spesa statale per i servizi pubblici, la vendita di
beni pubblici, la privatizzazione delle scorte alimentari nonché la riduzione
dei posti di lavoro, rappresentano un capovolgimento totale degli obiettivi
originari della Banca: migliorare i servizi pubblici, ridurre la fame e
aumentare il numero degli occupati. Sono misure indirettamente responsabili di
centinaia di migliaia di morti. Le nazioni indebitate sono state costrette a
ridurre la spesa pubblica per la sanità e l'istruzione. In molti dei paesi in
cui sono intervenuti la Banca mondiale e l'FMI oggi la popolazione deve pagare
per ottenere questi servizi. Le conseguenze sono catastrofiche: in Kenya, per
esempio, che è uno dei paesi più colpiti dall'AIDS, il numero di donne che
cerca aiuto o consigli sulle malattie trasmesse sessualmente è diminuito del 65
per cento in seguito all'introduzione di un ticket. In Ghana le nuove tasse
scolastiche hanno costretto due terzi delle famiglie rurali a smettere di
mandare i figli a scuola. I tagli alla spesa sanitaria a cui la Banca e l'FMI
hanno costretto lo Zambia hanno contribuito all'incremento della mortalità
infantile, che è passata dai 97 morti su mille del 1980 ai 202 del 1999. Nel
mondo povero si ride a denti stretti all'idea che tra le condizionalità imposte
dall'FMI e dalla Banca ci sono il "buon governo" e la "democratizzazione". Il
modo in cui le due istituzioni governano le economie delle nazioni povere
potrebbe difficilmente essere più dannoso. Alle nazioni che controllano, e di
cui pretendono di favorire la "democratizzazione", consentono di scegliere una
sola strategia politica ed economica: il fondamentalismo del mercato. Lo
impongono con uno zelo che, a volte, arriva ad apparire totalitario. Ci sono,
però, due sistemi di regole: uno per i ricchi e uno per i poveri. Mentre le
nazioni povere sono costrette a impoverirsi per pagare i debiti, il maggior
debitore del mondo, gli Stati Uniti, è lasciato libero di agire come vuole: non
deve subire alcun programma di austerità imposto dall'esterno, nessun controllo
dell'inflazione e nessuna liberalizzazione forzata. Di fatto, una delle ragioni
per cui l'indebitamento dell'America non ha avuto come conseguenza il crollo
della sua economia, è l'insistenza dell'FMI e della Banca mondiale nel
mantenere le risorse in valuta estera, che le altre nazioni detengono per
difendersi dagli attacchi speculativi, sotto forma di dollari. Ciò rafforza la
posizione del dollaro come moneta internazionale dominante e ne aumenta
artificialmente il valore. Quindi non solo l'FMI e la Banca mondiale
contribuiscono alla distruzione delle economie delle nazioni più deboli ma
contribuiscono anche a sostenere il dominio economico, e quindi l'egemonia
politica, degli Stati Uniti. Nel corso degli anni ci sono state decine di
proposte per riformare questi due enti, redistribuendone i voti e cambiandone
lo statuto. Ciò che tutte queste proposte tralasciano, con una noncuranza che
deve talvolta essere intenzionale, è che il diritto di veto che gli USA
esercitano sulle decisioni più importanti è anche un veto costituzionale:
niente può cambiare se loro non acconsentono al cambiamento.
George Monbiot (2003)
(fine settima parte)