Qualcuno che non vedrete mai in tv

21.10.2020

È noto che la nostra Costituzione, a differenza di altre, non prevede l'ipotesi dello stato di emergenza, né quella dello stato di eccezione, ma soltanto lo stato di guerra, che ai sensi dell'art. 78 deve essere dichiarato dalle Camere, le quali conferiscono al Governo i poteri necessari. I padri costituenti motivatamente scelsero di non inserire nella Carta clausole di emergenza che potessero aprire il varco, in situazioni di per sé imprevedibili e non puntualmente definite, a pericolose lacerazioni dell'ordine costituzionale ed alla compressione dei diritti delle persone.

È la legge ordinaria, e specificamente l' art. 24 del d.lgs n. 1 del 2018 - Codice della Protezione Civile - che prevede che con delibera adottata dal Consiglio dei Ministri sia dichiarato lo stato di emergenza di rilievo nazionale, ne sia fissata la durata e l'estensione e sia autorizzata l'emanazione di ordinanze di protezione civile, che trovano la propria disciplina nel successivo art. 25.

In applicazione di detta normativa, a seguito del diffondersi del contagio in Italia il Consiglio dei Ministri con delibera del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per la durata di sei mesi; hanno fatto seguito una serie di decreti legge, di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, oltre che numerose ordinanze, circolari e direttive ministeriali, ordinanze della Protezione civile, ed un profluvio di ordinanze regionali e comunali.

In particolare con il primo di detti decreti legge, quello n. 6 del 2020 (immediatamente convertito nella legge n. 13 del 2020), si sono delegate in modo generico le autorità competenti, ed in particolare il Presidente del Consiglio dei Ministri, ad adottare ogni misura di contenimento necessaria e adeguata all' evolversi della situazione, anche incidente sull' esercizio dei diritti e delle libertà costituzionali. Si è così demandato al potere di ordinanza e agli strumenti giuridici già presenti nell' ordinamento il potere di assumere i provvedimenti necessari a contrastare l'epidemia, così fornendo anche una copertura giuridica alle iniziative degli amministratori locali.

A fronte di una così massiccia emissione di provvedimenti, nella loro massima capacità restrittiva delle libertà e dei diritti fondamentali, si pone la domanda se il Presidente del Consiglio fosse legittimato alla loro adozione o se la riserva di legge prevista dall' art. 16 Cost. per la limitazione del diritto di libera circolazione e soggiorno non imponesse unicamente l'uso dello strumento legislativo ordinario, tenuto conto che il necessario bilanciamento tra valori costituzionali in conflitto costituisce valutazione propria del Parlamento nell' esercizio della funzione che l' art. 70 gli affida.

Anche l'uso dei decreti legge, pur corretto in quanto previsto in Costituzione proprio per far fronte a casi straordinari di necessità e d' urgenza ed in quanto rende possibile il controllo preventivo del Presidente della Repubblica e quello successivo delle Camere e della Corte Costituzionale, appare uno schermo fragile per supportare misure così fortemente restrittive, essendosi detti atti normativi sostanzialmente risolti in una delega in bianco al Governo, cui è stato demandato il potere di scegliere e calibrare le limitazioni delle libertà fondamentali con norme di rango subsecondario destinate a fornire sostanza e contenuto a disposizioni di fonte primaria la cui asettica elencazione le privava di effettiva consistenza.

Come è stato opportunamente rilevato da alcuni commentatori, detta delega ha assunto i caratteri di una sorta di autodelega in favore del solo Presidente del Consiglio, in quanto tale immune da ogni forma di intervento del Capo dello Stato, previsto invece per l'emanazione dei regolamenti adottati dall' organo governativo collegiale.

Infine va osservato che gli atti amministrativi emessi a livello territoriale, pur teoricamente impugnabili in sede giurisdizionale, presentano non poche difficoltà interpretative ed applicative, non solo per la loro non infrequente difformità, sino al limite della contraddittorietà, ma anche perché contengono in modo confuso sia obblighi che mere raccomandazioni.

Ben diverso è il quadro che il dettato costituzionale ci affida, prevedendo la riserva rafforzata di legge per le limitazioni dei diritti di libertà individuale, a partire da quella di circolazione sia all' interno che all' esterno del territorio nazionale (art. 16), e anche imponendo al solo legislatore statale di disporre in materia di ordine pubblico e sicurezza (art. 117, comma 2, lett. h).

La realtà ci consegna dunque una sospensione a scadenza incerta dei diritti fondamentali a colpi di decreti legge e di provvedimenti amministrativi. E se oggi dobbiamo accettare le limitazioni imposte ai nostri diritti in nome dell'emergenza ed a tutela della salute di tutti, non sottovalutando anche l' idoneità di detti strumenti a spiegare effetti immediati in una situazione che va affrontata con rapidità ed efficienza, abbiamo anche il dovere di percepire come giuristi e come cittadini l'eccezionalità di tali limitazioni, ricordando che un assetto democratico è incompatibile con uno Stato militarizzato e onnipresente che domina le nostre vite e i nostri spazi esistenziali.

Si evoca da alcuni costituzionalisti il pericolo di eclissi delle libertà costituzionali; si osserva che in questa torsione dell'ordinamento anche la Costituzione nella sua integrità finisce per essere soggetta ad un bilanciamento con l'emergenza, in cui fatalmente è la Carta fondamentale a soccombere.

Io credo che non ci si possa sottrarre alla riflessione che tali posizioni sollecitano. Può sembrare surreale discuterne ora, ma è legittimo il dubbio che la disciplina prodotta per contrastare l'emergenza sanitaria possa derogare in modo così forte ai principi costituzionali e se dinanzi ad una emergenza siffatta sia giustificata l'adozione per via amministrativa di misure dirette a farvi fronte, ispirate appunto alla logica dello stato di necessità.

Come ricordava Cesare Mirabelli in un recente intervento, le istituzioni non vanno in quarantena e continuano a svolgere pienamente le loro funzioni. E se è vero che nessun diritto è più fondamentale del diritto di tutti alla vita e alla salute, come ricorda Gustavo Zagrebelsky, è tuttavia altrettanto vero che la centralità del Parlamento non può essere dimenticata affidando il governo dell'emergenza alle quotidiane determinazioni del Capo del Governo e dei suoi esperti...

...Molti sono i diritti della persona coinvolti dalla pandemia. Non solo, come appare con maggiore evidenza, i diritti di libertà personale, di circolazione, di soggiorno, di riunione, di partecipazione ai riti religiosi, di iniziativa economica, di istruzione, di lavoro, di impresa, di attività politica, sindacale, culturale, ma anche quelli che hanno a che fare con la sfera più intima dell'uomo, come il diritto ad una morte dignitosa.

La morte è diventata un evento clandestino e solitario, che si consuma lontano dagli affetti, e ad essa è negato anche il funerale. La fine della vita per effetto del coronavirus si risolve nell'anonimato di un numero che va ad alimentare una statistica e concorre ad accrescere la paura, perdendo definitivamente il suo significato profondo e la sua simbologia.

Né può costituire valido motivo di conforto il pensare che resta comunque integro il nostro diritto di pensiero, di opinione, di parola, di informazione: può per contro osservarsi che la pandemia stravolge anche i pensieri, l'uso delle parole, la scelta delle letture, obbligandoci a confrontarci continuamente con tematiche lontane dai nostri abituali interessi.

Essa ha trasformato i ritmi esistenziali, i rapporti interpersonali, le consuetudini più innocue e quelle più radicate, il significato degli sguardi, il senso delle amicizie; ha cambiato la nostra percezione del tempo, la nostra visione del mondo.

La sua prepotenza è devastante, la sua violenza è insopportabile in un sistema come il nostro, ispirato ai valori dell'illuminismo, che pone il singolo prima o al centro della società, e che ha una Costituzione ispirata al principio personalistico...

... L'art. 16 della Costituzione pone come uniche possibili limitazioni alla libertà di circolazione e di soggiorno di ogni cittadino quelle stabilite dalla legge in via generale per motivi di sanità o di sicurezza; l'art. 17 dispone all'ultimo comma che le riunioni in luogo pubblico possono essere vietate dall'autorità solo per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

In tali ambiti e in presenza delle suindicate specifiche finalità si configura il potere di porre limiti all'esercizio dei diritti fondamentali di movimento e di riunione: con l'intervento del legislatore attraverso provvedimenti generali nel primo caso; con il limitato potere di veto dell'autorità amministrativa nel secondo. E va sottolineato che il diritto di cui all'art. 16 è oggetto di riserva rafforzata di legge, così che è inibito al legislatore demandare ad altri il potere di regolare la materia per la quale la riserva stessa è prevista.

La libertà di movimento costituisce il valore più direttamente coinvolto nella attuale congiuntura. Si tratta di una libertà funzionale all'esercizio di molti altri diritti sanciti nella Carta, una libertà che attiene all'esistenza delle persone non soltanto nella loro dimensione individuale, ma anche nella loro appartenenza ad una comunità produttiva. In effetti il diritto di circolazione è connesso con la libertà di impresa, di conoscenza, di abitazione, di istruzione, di lavoro. La pregnanza di tale diritto trova puntuale riscontro a livello regionale nell'art. 120 Cost., che vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose e di limitare l'esercizio del lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

Né può dimenticarsi che il diritto dei cittadini europei di circolazione e di soggiorno in tutto il territorio della UE è stato incondizionatamente riconosciuto nel Trattato e riaffermato nell'art. 45 della Carta.

L'esperienza inoltre ci insegna che l'essenza della democrazia nella percezione collettiva del nostro Paese non sta tanto nell'esercizio dei diritti politici, ma nella possibilità senza limiti di muoverci, di incontrarci, di viaggiare: una possibilità che esprime più di ogni altra la necessità dell'uomo di essere libero e di realizzare le sue infinite potenzialità...

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...La molteplicità e la diversità delle misure adottate dai rappresentanti degli enti locali, oltre ad offrire un quadro scomposto e disorganico, finisce con il costituire un elemento di destabilizzazione e di confusione per la collettività. È certamente vero che le statistiche rivelano grandi difformità nella diffusione del contagio e nel numero dei morti e dei guariti nei vari territori, così come è vero che diverse sono le potenzialità delle rispettive strutture sanitarie, ma è altrettanto vero che quando sono in gioco le libertà personali e la loro limitazione i parametri costituzionali di riferimento restano identici per tutti i cittadini. Non senza considerare sul piano concreto che il proliferare di tanti provvedimenti a livello locale sembra esprimere la presunzione di tanti amministratori di fare da soli, innalzando muri interni non sufficienti ad arginare il propagarsi dell'epidemia.

Non può inoltre non osservarsi che le misure adottate si rivelano gravemente discriminatorie nei confronti di classi di persone. Penso ai bambini di famiglie povere, costretti a passare lunghe giornate nei limiti ristretti delle mura domestiche, penso a tante scuole non attrezzate a fornire lezioni da remoto, con grave danno per gli alunni che le frequentano, penso agli anziani, spesso costretti in solitudine ad affrontare difficoltà che non sono in grado di superare, penso a chi non ha casa, a chi non ha tutele nel lavoro, penso alla realtà dei detenuti, non protetti dalle misure di sicurezza previste per gli altri cittadini: come si afferma efficacemente in Argentina, la romantizaciòn de la cuarantena es privilegio de clase!

Ed ancora, la circostanza che i provvedimenti adottati si fondino su paradigmi scientifici suggeriti da comitati di esperti non esclude la necessità di un riscontro e di un controllo sulle modalità di nomina e sulla validità delle soluzioni prospettate in termini di proporzionalità e adeguatezza, anche in ragione delle divergenze emerse tra gli scienziati sulla natura del virus e sulle strategie più opportune per debellarlo. Se è vero che l'epidemia si combatte con la scienza, è altrettanto vero che anche il dibattito scientifico deve svilupparsi secondo linee controllabili...

...Una limitazione così forte dei diritti costituzionali può essere accettata soltanto per un tempo limitato. Finita l'emergenza, occorrerà verificare lo stato di salute del nostro sistema democratico ed impegnare il Parlamento perché altre future emergenze siano affrontate sulla base di un quadro normativo certo e puntuale, che non consenta più sconfinamenti dell'esecutivo sul legislativo, che definisca i poteri dell'autorità centrale e gli ambiti di intervento di quelle territoriali, fissando ruoli, competenze e procedure da seguire, che individui momenti di cooperazione tra le istituzioni, che delinei strumenti di controllo. Il nostro far parte di una società globale del rischio ci imporrà infine di attrezzarci a gestire i pericoli e le insidie della globalizzazione garantendo un livello accettabile di tutela ai diritti fondamentali nel rispetto delle norme costituzionali, della normativa europea e delle convenzioni internazionali.

Gabriella Luccioli, presidente onorario emerito della Corte di cassazione


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