Quanto siamo cambiati?
"Il problema italiano è, essenzialmente, problema di libertà. Ma problema di libertà nel suo significato integrale: cioè di autonomia spirituale, di emancipazione della coscienza, nella sfera individuale; e di organizzazione della libertà nella sfera sociale, cioè nella costruzione dello Stato e nei rapporti tra i gruppi e le classi. Senza uomini liberi, nessuna possibilità di Stato libero. Senza coscienze emancipate, nessuna possibilità di emancipazione di classi. Il circolo non è vizioso. La libertà comincia con l'educazione dell'uomo e si conchiude col trionfo di uno Stato di liberi, in parità di diritti e di doveri, in uno Stato in cui la libertà di ciascuno è condizione e limite alla libertà di tutti.
Ora è triste cosa a dirsi, ma non per questo meno vera che in Italia l'educazione dell'uomo, la formazione della cellula morale base - l'individuo -, è ancora in gran parte da fare. Difetta nei piú, per miseria, indifferenza, secolare rinuncia, il senso geloso e profondo dell'autonomia e della responsabilità. Un servaggio di secoli fa sí che l'italiano medio oscilli oggi ancora tra l'abito servile e la rivolta anarchica. Il concetto della vita come lotta e missione, la nozione della libertà come dovere morale, la consapevolezza dei limiti propri ed altrui, difettano.
Gli italiani hanno piú spesso l'orgoglio della loro persona, nei suoi valori e rapporti esterni, che della loro personalità. La loro vita intima è ricchissima, ma unilaterale; ricchissima soprattutto nella sfera sentimentale in cui erompe in forme istintive ed esasperate. La pacata riflessione sui massimi problemi della vita, l'abitudine al commercio col proprio foro interno, quel fecondo tormento spirituale che crea lentamente tutto un prodigioso mondo interiore che solo può dare la coscienza di sé come unità distinta e autonoma, mancano nei piú. L'educazione cattolica - pagana nel culto e dogmatica nella sostanza - e la lunga serie dei paterni governi hanno esentato per secoli gli italiani dal pensare in persona prima. La miseria ha fatto il resto.
Ancor oggi l'italiano medio abbandona alla Chiesa la sua autonomia spirituale; ed ora si vede costretto ad abbandonare allo Stato, elevato al rango di fine, anche la sua dignità di uomo, degradato a semplice mezzo. Disposto alla servitú nel dominio della coscienza, lo si forza ora alla servitú nel dominio sociale e politico. Logica conclusione di un processo di passive rinunzie.
Il dolce far niente degli italiani - leggenda insultante nell'ordine materiale - ha purtroppo qualche fondamento nell'ordine morale. Gli italiani sono pigri moralmente, c'è in loro un fondo di scetticismo e di machiavellismo di basso rango che li induce a contaminare, irridendoli, tutti i valori, e a trasformare in commedia le piú cupe tragedie. Abituati a ragionare per intermediari nei grandi problemi della coscienza - un vero appalto spirituale - è naturale che si rassegnino facilmente all'appalto anche nei grandi problemi della vita politica.
L'intervento del Deus ex machina, del duce, del domatore - si chiami esso papa, re, Mussolini - risponde sovente ad una loro necessità psicologica. Da questo punto di vista il governo mussoliniano è tutt'altro che rivoluzionario. Si riallaccia alla tradizione e procede sulla linea del minimo sforzo. Il fascismo è, contro tutte le apparenze, il piú passivo risultato della storia italiana. Gigantesco rigurgito di secoli e abbietto fenomeno di adattamento e di rinunzia. Mussolini trionfò per la quasi universale diserzione, attraverso una lunga rete di sapienti compromessi. Solo alcune ristrette minoranze di proletari e di intellettuali ebbero l'ardire di affrontarlo con radicale intransigenza sin dagli inizi".
Carlo Rosselli