Responsabilità individuale
Una caratteristica dei nostri tempi
(paradossalmente, visto che viviamo nell'era dell'individualismo più
sfrenato e più competitivo) è la tendenza a massificare, a sottopporre
cioè la quasi totalità degli eventi che fanno parte della sfera pubblica
a criteri il più possibile "oggettivi" e il meno possibile
discrezionali. Facciamo alcuni esempi: quando il corpo insegnante è
chiamato a dare un giudizio sul rendimento degli studenti si tende
sempre di più a equiparare questo giudizio alla somma di parametri quasi
automatici (i cosiddetti crediti formativi, le famigerate "prove
invalsi" ecc.) piuttosto che alla formulazione di un parere soggettivo.
L'eccessivo coinvolgimento dei genitori dell'alunno, poi, fornisce loro
un potere di controllo e di contestazione del giudizio che non
contribuisce certo alla serenità del docente. Altre vittime eccellenti
di questa tendenza a una malintesa "obiettività" sono senza dubbio i
medici, il cui potere discrezionale di diagnosi e conseguente scelta
della terapia è fortemente limitato dai rigidi protocolli sanitari e
dall'abuso di terapie massificate, di cui le vaccinazioni obbligatorie
rappresentano la punta dell'iceberg. La possibilità di staccarsi da
questi protocolli è resa ancora più ardua dal proliferare di
procedimenti giudiziari e richieste di risarcimento danni da parte di
vittime e parenti delle vittime della cosiddetta "malasanità" (gli
ospedali pullulano di galoppini degli studi legali pronti ad
approfittare della tragedia come avvoltoi). Queste azioni legali, però,
lungi dal proteggere i più deboli, cioè i malati, dall'ingiustizia e dal
cattivo funzionamento delle istituzioni sanitarie, finiscono per
colpire solo il singolo operatore che ha avuto l'ardire di prendere
un'iniziativa autonoma invece di attenersi alle procedure
standardizzate. Alla resa dei conti non c'è da stupirsi che insegnanti,
sanitari e tutti coloro che ricoprono un ruolo delicato nella nostra
società siano ben lieti di adeguarsi a un ruolo che è più simile a
quello di un passacarte che a quello di un onorato professionista. Mi
sembra evidente la necessità di ridare alle persone, e in particolare a
chi svolge una professione qualificata, il diritto a sbagliare. Solo chi
sente tutelato il suo diritto a sbagliare può serenamente assumersi le
responsabilità che sono assolutamente necessarie per svolgere il proprio
compito con diligenza e con passione. Personalmente, come individuo, mi
sentirei molto più tranquillo se la mia salute fosse in mano a un
medico coraggioso e competente e se i miei figli e i miei nipoti si
formassero con degli insegnanti degni di questo nome