Siamo in guerra?
Le parole sono importanti: possono consolare, dare coraggio, ferire, con le persone più fragili anche uccidere. Per questo non si possono usare con leggerezza; viceversa la facilità con la quale, in questi giorni certo difficili, viene usata la parola guerra e più in generale il linguaggio bellico testimonia dell'uso spregiudicato che, ai nostri tempi, si fa della comunicazione: "siamo in guerra", "il nemico invisibile", "l'esercito in strada" (ah, già! questa purtroppo non è un'esagerazione lessicale!). Non è certo il virus ma piuttosto il modo in cui si è scelto di affrontarlo che, per qualcuno, ha generato conseguenze paragonabili a quelle di un conflitto: i detenuti o gli anziani nelle case di riposo (privati di qualunque contatto non solo virtuale con i propri cari), le vittime di violenze domestiche (quasi sempre donne ma non esclusivamente) costrette a convivere ventiquattro ore al giorno con i loro carnefici senza una via di fuga, le persone vulnerabili e sole, lasciate in balia dei propri fantasmi. In generale, però la guerra è tutta un'altra cosa. Chi ha vissuto quegli anni o ha potuto ascoltare direttamente da genitori e nonni i racconti della seconda Guerra Mondiale ma pure chi ha visto anche solo qualche documentario d'epoca conosce il freddo delle marce forzate, la paura dei bombardamenti, la penuria di quasi tutti i generi di prima necessità: e tutto questo per anni e anni. Molti siriani, palestinesi, curdi (per citare solo i popoli di cui si parla, sia pure troppo poco) non hanno conosciuto altro che la guerra o magari l'esilio o i campi di concentramento in un paese dove non volevano andare e che non li vuole. I medici di Emergency, che pure si stanno impegnando con coraggio e con abnegazione come tutti i loro colleghi per curare e possibilmente guarire i malati di Coronavirus, sanno bene cosa vuol dire svolgere la loro professione nei territori di guerra: vi potranno assicurare che non è la stessa cosa. Quando chi detiene il potere usa il linguaggio dell'emergenza e del terrore anche fuori contesto lo fa al solo scopo di giustificare provvedimenti eccezionali e gravi limitazioni delle libertà individuali. Se volessimo usare lo stesso metro dovremmo dire che ci troviamo di fronte alla minaccia di un regime fascista ma, come dicevo all'inizio, le parole sono importanti: meglio non usarle a sproposito....