The Green New Deal (seconda parte)
I vari piani che sono stati proposti per avviare una trasformazione in stile Green New Deal immaginano un futuro in cui è stato scelto il difficile compito della transizione, compreso il sacrificio del consumo esagerato. In cambio, però, migliorerà la qualità della vita per i lavoratori in tantissimi modi, garantendo più tempo per lo svago e per le arti, trasporti e alloggi davvero economicamente accessibili, l'eliminazione degli enormi gap di ricchezza tra razze e generi e una vita di città che non sia una battaglia incessante contro traffico, rumore e inquinamento. Chi di noi plaude a questi tipo di programmi trasformativi è spesso accusato di sfruttare la crisi climatica per far passare un'agenda socialista o anticapitalista antecedente al nostro interesse per la crisi climatica. La mia risposta è molto semplice: per l'intera mia vita adulta ho militato dentro movimenti che lottavano contro la miriade di modi con cui il nostro attuale sistema economico passa al tritacarne persone e natura alla spietata ricerca del profitto. Il mio primo libro, "No Logo", uscito quasi venti anni fa, illustrava i costi umani ed ecologici della globalizzazione delle multinazionali, dalle fabbrichette in Indonesia ai campi petroliferi del delta del Niger. Ho visto ragazze adolescenti trattate come macchine per produrre le nostre macchine, montagne e foreste trasformate in immondezzai per arrivare al petrolio, al carbone e ai metalli sotterranei. Gli effetti dolorosi, persino mortali, di queste pratiche erano innegabili ma quelli si limitavano a risponderci che erano il prezzo necessario di un sistema che stava creando tanto benessere, che i vantaggi alla fine sarebbero sgocciolati verso il basso a migliorare la vita di quasi tutti gli abitanti del pianeta. Invece è successo che l'indifferenza per la vita, manifestata nello sfruttamento dei singoli operai nei reparti e nella decimazione di fiumi e montagne, è invece sgocciolata verso l'alto, è montata fino a inghiottire l'intero pianeta, trasformando terre fertili in distese salate e belle isole in mucchi di pietrisco, risucchiando colore e vita dalle barriere coralline un tempo rigogliose. Quello che è cambiato sono le dimensioni della tragedia, in cui viene messa a repentaglio l'unica e sola casa dell'umanità. Ho sempre trovato assolutamente necessario passare al più presto a un modello economico clamorosamente più umano. Però questa urgente necessità è diversa ora perché casualmente tutti quanti viviamo nell'unico momento possibile in cui cambiare rotta può significare salvare vite a livelli davvero inimmaginabili.
Naomi Klein (2019)
(fine seconda parte)