Un altro mondo è possibile
Un altro mondo è possibile: già, è questa la riflessione che ci suggeriscono i paesaggio irreali delle nostre città in questi giorni. Strade con pochissime auto e camion (per non parlare delle autostrade), cieli più puliti, aria più respirabile, tanto tempo libero a disposizione. Sarebbe un grave errore, però, considerare tutto questo una parentesi obbligata dall'emergenza sanitaria e, come tale, da dimenticare in tutta fretta una volta passata la bufera. Cerchiamo invece di trarre degli insegnamenti da tutto ciò e di usarli per costruire un futuro diverso. Primo insegnamento: la produttività non è nè può essere mai più importante della salute dei cittadini quindi in tutti i casi in cui si crea un conflitto tra le due esigenze quella che prevale è il diritto alla salute. Ad esempio, se una città poggia in gran parte la sua economia su di un'acciaieria e un giorno si scopre che migliaia di abitanti si sono ammalati a causa delle emissioni inquinanti e che sono aumentati drammaticamente i bambini che nascono con menomazioni, l'acciaieria si chiude senza se e senza ma. Secondo insegnamento: se, per motivi di pubblica utilità, si ritiene che talune attività economiche debbano essere temporaneamente o definitivamente interrotte questo non deve andare a discapito di coloro che da tali attività, direttamente o indirettamente, traggono sostentamento e lo Stato deve quindi provvedere a fornire loro tutti gli strumenti, economici e non, atti a fronteggiare la situazione di difficoltà per tutto il periodo in cui tale interruzione si protrae. Terzo insegnamento: lo Stato ha il dovere di garantire che ogni suo cittadino abbia la possibilità di procurarsi l'indispensabile alla sopravvivenza sua e della propria famiglia in qualunque circostanza e indipendentemente dalla sua disponibilità economica. Quarto insegnamento: se un sistema sanitario nazionale è adeguato o no lo misuriamo nella vita quotidiana prima ancora che nell'emergenza quindi gli investimenti pubblici in questo campo devono essere sempre molto superiori a quelli che garantirebbero l'ordinaria amministrazione. Devono essere quindi previsti livelli di copertura (sia come numero di addetti che di strumentazioni) ben al di sopra di quelli minimi e capaci dunque di fronteggiare ogni eventuale emergenza. I vari ostacoli che ci sono stati presentati fino a ieri come insormontabili (leggi europee e internazionali sulla concorrenza, vincoli di bilancio, il dogma della crescita ad ogni costo) sembrano essere diventati improvvisamente aggirabili di fronte all'emergenza Coronavirus. Ma la salute pubblica non è soltanto l'assenza di malattie, è sopratutto il coesistere di tutte le condizioni necessarie a una vita sana: igiene, aria e cibo sani, assistenza medica gratuita. Se una parte, piccola o grande, dei cittadini non è garantita in questi diritti vuol dire che abbiamo un'emergenza sanitaria che dura 365 giorni l'anno e di questa lo Stato si deve fare carico.