Un nuovo stile di vita

25.03.2020

Greta Thumberg, nell'annunciare al mondo che si trova in isolamento per aver contratto probabilmente il Coronavirus (probabilmente, perchè non si è fatta il tampone: evidentemente in Svezia non hanno la nostra cattiva abitudine di fare il test prima a politici, calciatori e vip in genere e poi, eventualmente, ai soggetti davvero a rischio come anziani, malati e personale sanitario. Chiudo la lunghissima parentesi e mi scuso per la tirata populista ma quand'è troppo....), non ha mancato di fare qualche acuta osservazione. La più interessante è questa: se siamo stati capaci, di fronte a un'emergenza grave ma di certo non apocalittica come quella del Coronavirus, di cambiare così tanto le nostre abitudini, in maniera certo non indolore, la più parte di noi obtorto collo ma le abbiamo comunque cambiate, perchè non dovremmo riuscirci di fronte alla catastrofe annunciata (e pressochè inevitabile se non corriamo ai ripari) del riscaldamento globale? Certo non mi auguro che questo auspicabile "nuovo stile di vita" si instauri sotto una  forma di controllo autoritaria e quasi da "Grande Fratello" come stiamo sperimentando sulla nostra pelle in questi giorni ma la speranza è che da questi tempi difficili tutti noi possiamo uscire con una nuova consapevolezza e un senso della comunità che ci rendano anche capaci di accettare di autolimitarci senza bisogno di un'imposizione coatta delle regole. Ma in che cosa dovremmo farlo, in concreto? Prima di tutto nell'uso dei combustibili fossili, ovviamente, perchè sono loro i principali responsabili del cambiamento climatico, e per farlo dovremo muoverci in due direzioni: da una parte disinvestendo da subito in ricerca, estrazione e sfruttamento di tutte le fonti di energia non rinnovabile dirottando gli investimenti sulle rinnovabili; dall'altra, in attesa che le seconde soppiantino gradatamente le prime, è assolutamente necessario che diminuiamo drasticamente il consumo di energia di qualunque origine (naturalmente con le dovute distinzioni tra paesi ricchi e paesi poveri). Questo, in concreto, vuol dire produrre di meno e sopratutto produrre oggetti durevoli o almeno riciclabili. Vuol dire anche consumare di meno, privilegiando l'utilità, la praticità e la durata rispetto al logo, alla moda e allo status symbol. Vuol dire viaggiare di meno, molto meno (sopratutto per diporto e sopratutto in aereo: ci siamo accorti di quanto sono più puliti i nostri cieli in questi giorni?). Tutto questo si tradurrebbe in un cambiamento epocale che, al prezzo di qualche sacrificio, migliorerebbe drasticamente la qualità delle nostre vite. Per portare a compimento questo processo dovremo combattere non solo contro le nostre inveterate abitudini ma sopratutto contro un nemico molto più subdolo e pericoloso: il capitalismo globale che di certo di fronte a questa prospettiva sarà molto meno accomodante di quanto stia facendo col Coronavirus anche perchè, alla faccia di coloro che sostengono che sia possibile un capitalismo dal volto umano ed ecosostenibile, i boss delle multinazionali sanno fin troppo bene che portare avanti i cambiamenti di cui sopra metterebbe in discussione le basi stesse del sistema capitalistico.

Gianni Vannini - Blog politico
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