Utopia
In queste ultime due settimane ho cercato di compiere un viaggio nell'utopia dell'economia possibile (perché l'utopia è sempre possibile) in compagnia di tre, anzi quattro, autori di epoche piuttosto diverse. E' stato un viaggio a ritroso perché è partito dai nostri tempi, con la coppia di pensatori belgi Van Parijs e Vanderborght, è proseguito con un'icona degli anni '60 del Novecento, Herbert Marcuse, per concludersi con un enfant terrible di fine Ottocento, il genero di Karl Marx Paul Lafargue. Gli argomenti centrali trattati nei loro scritti sono principalmente il rapporto tra reddito, lavoro e progresso tecnologico e quello tra crescita economica, società dei consumi e sostenibilità ambientale. Potremmo dire che tutti loro, anche quando parlano di cose apparentemente diverse, stanno in realtà parlando lo stesso linguaggio: un linguaggio di liberazione anzi, per dirla come piace a me, di emancipazione. Credo che in effetti sia inscindibile l'idea del reddito minimo universale, a me molto cara, da quella del salario minimo o della riduzione dell'orario di lavoro che, a loro volta, sono inseparabili da un progetto politico che preveda una drastica riduzione della produzione e del consumo (ricetta obbligata se si vuole che il nostro pianeta abbia un futuro). Se questi semplici concetti bastano a delineare un percorso abbastanza preciso e coerente è anche giusto, però, porsi il problema di come reperire le risorse economiche necessarie ad attuarlo. Il mio modesto parere è che a finanziare questo processo debbano essere coloro che dalle storture ed ingiustizie del sistema attuale hanno tratto il massimo profitto. Tutti coloro il cui patrimonio si è gigantescamente ampliato in misura inversamente proporzionale all'impoverimento della maggior parte della popolazione mondiale dovranno, volenti o nolenti, finanziare quella che chiameremo redistribuzione forzosa del reddito. Se questa ipotesi, come è evidente, collide con l'ideologia neoliberista imperante dovrà essere quest'ultima a soccombere. Il carattere apparentemente utopico del progetto che io auspico non deve essere una remora per il semplice motivo che, a mio avviso, la salvezza della nostra specie e del nostro stesso pianeta passa inevitabilmente da esso senza dimenticare che tutti i grandi mutamenti della Storia umana sono avvenuti partendo da un'idea apparentemente irrealizzabile , una irresistibile utopia.